L'intervento

Il docente e il leghista

Pasquale Almirante, La Sicilia 18.1.2015

Una piccola guerra è scoppiata su due fronti opposti, ma convergenti, dopo la strage di Parigi perpetrata dagli estremisti islamici. Il primo è rappresentato da un docente che assegna un tema, a una classe terza delle superiori, chiedendo come persuadere un alunno «leghista che il fenomeno migratorio non è un problema, bensì una risorsa». E immediate sono partite le bombarde prima da alcuni genitori, poi dagli esponenti della Lega: «Anziché educare i ragazzi, gli insegnanti fanno politica. I veri fondamentalisti sono certi prof».

Il secondo fronte invece riguarda una circolare dell'assessore alla Cultura del Veneto, che ha invitato tutti i dirigenti scolastici ad affrontare nelle aule il tema del terrorismo, chiosando, prima con un episodio di cronaca nera nel quale «un padre italiano è stato accoltellato da un ragazzo tunisino di 14 anni», e poi affermando: «Se non si può dire che non tutti gli islamici sono terroristi, è evidente che tutti i terroristi sono islamici, e che molta violenza viene giustificata nel nome di una appartenenza religiosa e culturale ben precisa». Se il prof non ha fatto altro che il suo dovere, assegnando un esercizio argomentativo, ingiustificabile risulta la posizione dell'assessore del Veneto che propaganda la sua visione del mondo, con strisciante razzismo e caccia al "diverso". Ma non solo, mentre da parte della Lega si richiede di stabilire le responsabilità del prof, perché ha utilizzato la scuola per fare propaganda, non capendo però i leghisti che l'educazione deve mirare anche a trovare delle buone ragioni pro o contro, dall'altro si sostiene l'indifendibile, l'assessore veneto cioè che, se invita, giustamente, a condannare il gesto terroristico, nello stesso tempo istiga all'odio contro tutta «una cultura senza distinzioni di fatto», come hanno scritto i ragazzi dell'Unione degli studenti. Né pare ci si accorga della disparità tra il docente, che invita alla riflessione e al ragionamento, nella convinzione che nella scuola pubblica il confronto delle idee è salutare, e l'assessore che, dichiarando con la sua circolare anche il fallimento del modello di integrazione adottato in Europa, «dimostra come politico inadeguatezza a comprendere e gestire una fase tanto complessa e delicata». Insomma se un politico condiziona la scuola, il docente deve sentirsene condizionato: servire e tacere.