Insieme per salvare le piccole scuole, di Corrado Zunino, Repubblica La scuola siamo noi 16.1.2015 CI SONO 900mila studenti nelle 1.400 scuole di montagna e delle piccole isole d'Italia. Non è storia da poco. Negli ultimi tre anni gli studenti fuori zona, dalla prima elementare alla terza media, sono rimasti invariati, ma gli istituti sono stati falcidiati: 236 scuole montane-isolane, in prevalenza montane, non ci sono più. Il 17 per cento del totale in tre anni. È un fenomeno amministrativo parallelo a quello che è successo con gli accorpamenti degli istituti in pianura, da 12.000 a 8.500, ma l'operazione soppressione sulle Dolomiti e sui picchi dell'Abruzzo sta regalando alle famiglie disagi notevoli, viaggi chilometrici. Nel Molise gli istituti sopra gli ottocento metri d'altezza chiusi sono stati il 37%: quattro ogni dieci. Nel Lazio il 25%, in Calabria e Campania il 24%. In Toscana sono state chiuse sei scuole, soppresse 46 cattedre. Nelle isole minori si è tolto il 5%. In questo tipo di realtà le pluriclassi - classi con bambini di diverse età - sono scese dell'8,7 per cento, ma sono cresciute le classi ordinarie (+1,16%), quelle con coetanei all'interno. In Liguria hanno resistito 32 scuole nei comuni montani, per 26mila alunni. Ma la struttura più piccola vivente è ad Alicudi, nelle Eolie, provincia di Messina: cento abitanti, due alunni, prima e terza elementare. Un terzo ha preferito continuare, quest'anno, a Milazzo. La scuola è stata salvata dalla preside Mirella Fanti, dirigente scolastico dell'Istituto Lipari 1. "Abbiamo chiesto alle famiglie di non abbandonare l'isola, ne avrebbero decretato la morte. Il pomeriggio, in istituto, pratichiamo attività che riguardano adulti e anziani". A Gemona del Friuli l'isolamento è stato superato grazie alle lavagne multimediali. Per salvare le scuole fuori mano l'Indire, che è l'Istituto di innovazione e ricerca del ministero dell'Istruzione, nel corso del 2014 ha organizzato "Piccole scuole crescono", un network di istituti che operano nei territori di montagna e nelle isole minori. Una rete aperta a tutti i presidi che per superare l'isolamento vogliono introdurre formule didattiche nuove. Uno dei problemi principali, in questi casi, è la difficoltà di assegnazione dell'organico e l'elevato turnover dei docenti: durano poco, in montagna, e la discontinuità dell'insegnamento rallenta l'apprendimento degli alunni. Nelle rete toscana, undici scuole, Indire ha previsto due modelli, esportabili: "didattica condivisa" e "ambiente di apprendimento allargato". La didattica condivisa prevede l'uso quotidiano della videoconferenza tra due o più classi appartenenti a istituzioni scolastiche diverse. Nelle piccole scuole la lezione condivisa favorisce lo scambio di esperienze e garantisce l'insegnamento di tutte le discipline. Le classi lontane spesso sono "classi capovolte", con gli studenti che imparano da soli, a casa, la teoria, poi la sperimentano in classe. Con l'ambiente di apprendimento allargato una o più classi lavorano invece a un progetto disciplinare comune e organizzano incontri periodici tra docenti, studenti ed esperti che possono fare uso di videoconferenze o di altri setting tecnologici. In questo caso la didattica a distanza diventa una metodologia complementare all'insegnamento tradizionale.
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