Per gli studenti stranieri, Pasquale Almirante, La Tecnica della Scuola 26.1.2015
Giannini: una classe di concorso per docenti di Italiano L2; ma l’esperto: meglio coinvolgere tutto il personale. Sono 700mila nelle scuole italiane, il 10 per cento circa, e stanno trasformando un sistema che è definitivamente diventato multiculturale. Per questi bambini l’apprendimento della lingua italiana è un’emergenza, non solo didattica. Il ministro, precisa il Corsera, ha detto di voler «attrezzare una generazione di maestri e professori per l’insegnamento linguistico agli alunni stranieri», come ha confermato il sottosegretario Toccafondi. Questione di un paio di Consigli dei ministri, fanno sapere al Miur e anche a «Italiano L2» si accederà con un percorso abilitante, così come richiesto per le altre materie. Un’occasione, per i docenti di «L2», che al momento non sono inseriti in graduatorie e hanno limitate possibilità di svolgere la propria attività nelle istituzioni scolastiche, pubbliche e private. Ma anche un nuovo dilemma da sciogliere: quanti insegnanti servono? I soldi, ci sono? Intanto, è stata avviata la ricognizione. Non semplice, sono diverse le figure coinvolte: insegnanti «distaccati» (i facilitatori linguistici); specialisti con formazione specifica; insegnanti di scuola che prestano servizio «diffuso». E gli esterni: studenti universitari, volontari. L’insegnante specialista sembra dunque essere come una delle soluzioni possibili («non necessariamente la migliore, richiede tempi lunghi» - sostiene Vinicio Ongini, esperto di multiculturalità), ma forse «costo e alibi per gli altri, per togliersi da sotto l’ombrello della responsabilità». Inserire subito i «neoarrivati», evitando liste d’attesa e trasferimenti continui, dicono gli esperti; sì ai piani personalizzati, ma che abbiano valutazioni finali coerenti; più orientamento; più coinvolgimento delle famiglie. La peer education, poi, è una risorsa: «importante coinvolgere gli altri studenti», dice Ongini. Formare tutti: dirigenti, insegnanti, personale; far passare l’idea che «accogliere i mondi» nelle classi, «può essere un problema, ma anche un’opportunità, un laboratorio di convivenza e di nuova cittadinanza». Appannaggio non necessariamente degli specialisti, ma di bravi insegnanti.
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