Classi di concorso in alto mare: Alessandro Giuliani, La Tecnica della Scuola 16.1.2015
Rimane un cantiere aperto la revisione dei raggruppamenti disciplinari e delle attese fusioni o creazioni di nuove discipline: gli ultimi aggiornamenti alle tabelle, riveste e corrette mille volte, sarebbero ancora fermi nei cassetti del Miur. I sindacati temevano un’accelerata improvvisa, senza essere coinvolti, ma per il nuovo regolamento serve un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la cui approvazione prevede un iter lungo e laborioso. Certo, agli stessi sindacati non sarebbe dispiaciuta un’accelerata sulla questione, visto i tanti problemi che stanno portando nelle scuole le tanti classi di concorso atipiche: migliaia di docenti, infatti, soprattutto alle superiori, si ritrovano oggi ad insegnare materie senza abilitazione, grazie a delle cervellotiche tabelle di “confluenza” che il Miur aveva emanato un lustro fa solo per tamponare la situazione. Il problema però è nella forma: su un tema così rilevante, come la scelta dei nuovi raggruppamenti delle classi di concorsi, dei titoli di accesso, con tanto di fusioni o creazioni di nuove discipline, sarebbe stato a dir poco incauto non coinvolgere i sindacati. Ora, però, La Tecnica della Scuola è venuta a conoscenza di un’informazione che potrebbe mettere tutto a tacere: l’iter di approvazione delle nuove classi di concorso è ancora in alto mare. Gli ultimi aggiornamenti alle tabelle, riveste e corrette mille volte, sarebbero ancora fermi nei cassetti degli uffici del palazzo bianco di Viale Trastevere. Ma non solo. Perché trattandosi una procedura assai lunga, possiamo annunciare già da ora che anche per il prossimo anno scolastico la situazione rimarrà così come è oggi. Senza l’atteso aggiornamento. Che, a questo punto, nella migliore delle ipotesi, vedrà la luce nell’anno scolastico 2016/17. La normativa, del resto, parla chiaro: modificare le classi di concorso dei docenti significa produrre un D.P.C.M., un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la cui approvazione prevede un iter lungo e complesso. Con l’acquisizione di pareri autorevoli e complessi, come quelli del Consiglio di Stato nonché delle commissioni parlamentari di competenza. Ora, dopo sei anni di attesa, come si può sperare che un atto amministrativo così laborioso possa vedere la luce in sei mesi?
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