Organico funzionale funzionerà se Dirigenti
conosceranno bene i propri docenti.
Intervista a Max Bruschi

di Eleonora Fortunato, Orizzonte scuola 21.1.2015

Per l’Ispettore del Miur questo vuol dire non puntare tutto sui superdocenti, piuttosto sui bravi Dirigenti Scolastici. Cioè quelli “che non trovi mai in Presidenza, sempre in giro nelle classi, a ‘ingrassare la vacca’ anche solo con lo sguardo”.

In questi giorni si è sentito dire che l’organico funzionale diventerà l’avanguardia della docenza italiana, altro che docenti di serie B. Le sembra che possa avere un fondamento una simile proiezione?

“Mi sembra ci sia, alla base di queste valutazioni, un fraintendimento. Almeno, lo spero. Tutto lascia presagire che le istituzioni scolastiche avranno “più organico”, non “un organico in più”. E’ la differenza tra le vecchie dotazioni organiche aggiuntive (DOA), previste negli anni 80 e tramutatesi in una mera assunzione di massa, e l’organico dell’autonomia, previsto dalla riforma Berlinguer e solamente sperimentato in alcune situazioni. Nella prima, malaugurata, ipotesi, l’organico che ogni DS ha a disposizione è diviso in due tronconi, in due “canne d’organo”, col docente “A” immesso su cattedra, il docente “B” immesso “su altro”. Finì malissimo negli anni ‘80 e ‘90, con la trasformazione delle DOA in Dotazioni Organiche Provinciali (DOP), finalizzata al loro progressivo assorbimento. Nella seconda ipotesi, che è quella che caldeggio, ogni istituzione scolastica ha una dotazione organica chiamata a coprire “n” esigenze (comprese quelle di altre istituzioni: penso ai tutor, ai distacchi per l’autonomia – aggiungo, per me da rivedere consentendo, a chi lo desideri, la mobilità verso l’amministrazione) ed è chiamata a utilizzarle al meglio”.

Le cosiddette DOP (Dotazioni organiche provinciali) sono state, quindi, in certo qual modo antesignane dell’Organico funzionale? Adesso si parla di una assegnazione di qualità del personale, ma come faranno i DS a utilizzare in maniera intelligente un personale di cui non conoscono a fondo capacità, attitudini, risorse?

“Ne ho parlato prima: se l’organico funzionale è inteso come nipotino delle DOA/DOP, siamo su un terreno già sperimentato, che non ha portato a un miglioramento della qualità dell’istruzione. E ciò perché, al di là dell’applicazione, le condizioni per il fallimento erano nella sua stessa configurazione “fissa”. Se invece si va con decisione verso l’organico dell’autonomia, le condizioni per un utilizzo ottimale delle risorse umane a disposizione ci sono tutte. Attenzione: perché l’onere e l’onore di far funzionare qualitativamente la macchina ricade sul DS, che è a tutti gli effetti il “capo del personale”, e che anche, se non soprattutto, su questi aspetti specifici ha il diritto/dovere di essere valutato. Parlo per esperienza personale: una buona istituzione scolastica ha, alla guida, un buon dirigente scolastico che riesce a tirare fuori il meglio dalla sua squadra: anche, ma non solo e non innanzitutto, utilizzando bene i suoi poteri sanzionatori. Un cattivo dirigente è in grado di “bruciare” la migliore scuola nel giro di pochi mesi ed è complice delle situazioni peggiori, in base alla logica delle spallucce. Uno mediocre, la fa vivacchiare. Ma su questo aspetto, non ci sono “manuali” o “procedure” da seguire, anzi. Se guardo alla situazione della Lombardia, che è quella che conosco meglio per “servizio”, ci sono DS, anche e soprattutto neo immessi in ruolo, che si sono assunti come primo obiettivo quello di “conoscere” i propri docenti e il proprio personale amministrativo. Non li trovi quasi mai in presidenza, perché girano nelle classi, affiancano il DSGA… insomma, “ingrassano la vacca” anche attraverso il proprio occhio”.

La mobilità volontaria dei docenti, come abbiamo potuto da ultimo verificare anche noi di Orizzontescuola nelle ultime settimane, sembra essere un fattore tutt’altro che trascurabile per chi voglia capire a fondo il funzionamento della scuola nel nostro Paese. Come sfruttare tanta potenzialità cinetica a favore della risoluzione degli squilibri territoriali?

“Presumo che la nuova configurazione dell’organico aprirà una nuova pagina anche sotto l’aspetto della mobilità. Ma occorre intendersi. Un conto sono le esigenze dei lavoratori, altro conto sono le esigenze delle istituzioni scolastiche se non addirittura delle classi. La mobilità territoriale ha sempre fatto pendere la bilancia sulla prima esigenza. Anche la norma che impone la permanenza nella provincia di assegnazione è, dal secondo punto di vista, ininfluente. Altro discorso sarebbe invece vincolare la permanenza, per un determinato periodo, nell’istituzione scolastica ove si effettua l’anno di prova, creando un circuito virtuoso. Su questo, comunque, occorrerà verificare cosa capiterà con i contratti. Ma ci sono altri due tipi di mobilità, che possono rappresentare un plus. La prima, è connessa all’organico dell’autonomia, e riguarda la possibilità di diversi impieghi all’interno dell’istituzione scolastica. Mi sembra positiva e, sulla carta, uno strumento di miglioramento qualitativo. Ribadisco: sulla carta, perché occorrerà poi seguirne nei fatti l’applicazione. La seconda è adombrata nella Buona Scuola, quando si parla di mobilità ai fini della carriera. A me questa parte non convince del tutto. Primo, non è che scegliere una situazione disagiata, di per sé, sia un merito: lo è, se in quella situazione riesci a ottenere miglioramenti significativi. Secondo, ci sono stati esperimenti, se non erro in Inghilterra, di docenti già riconosciuti professionalmente molto validi cui è stato offerto di calarsi in situazioni a rischio “chiusura”, a fronte di un considerevole incentivo economico. Non so se l’esperimento abbia funzionato, e varrebbe la pena fare una verifica. Ma, in linea generale, non è che l’inserimento del “super docente” al posto del docente standard possa incidere in maniera decisiva. Sarò ripetitivo, ma il primo livello è quello del DS. Il secondo riguarda l’utilizzazione del personale o, e questa invece potrebbe essere una pista interessante, una formazione specifica, “vera”, in situazione, per la quale vedrei benissimo l’utilizzo di docenti esperti, si chiamino mentor o altro. Forse è questo tipo di mobilità, ad acta, che può aiutare a ridurre gli squilibri nell’apprendimento”.

Su un altro piano, in uno dei suoi ultimi interventi ha parlato della possibilità di insidie nella norma che dovrebbe vincolare il capitolo di bilancio a posti di lavoro a tempo indeterminato. Che lei sappia, quali sono i nodi più difficili da sciogliere? Sono già oggetto delle discussioni dei parlamentari?

“Vedremo, innanzitutto, come sarà strutturato il provvedimento. Come dissi all’epoca, la previsione di un fondo ad hoc nella legge di stabilità è positivissima, ma da sola non basta: occorre una norma specifica, che innanzitutto modifichi le consistenze organiche fissate dal DL 98/2011, all’articolo 19 comma 7. Come rilevato dagli organismi tecnici, senza modificare o integrare quel contingente non può essere assunta una unità di personale in più rispetto ai posti vacanti e disponibili. Occorrerà fare molta attenzione alle coperture, attraverso una accurata verifica della “platea” dei “papabili” all’assunzione. Meglio eccedere, in sostanza, che rischiare il parere negativo della ragioneria. Anche perché le risorse in più, visto che il capitolo di bilancio è indistinto, potrebbero essere usate per le altre esigenze della Buona Scuola. Diciamo che mi auguro di non rivedere la relazione di ‘Quota 96’ ”.

Entrando nel merito della gestione delle assunzioni, coloro che, facendo ricorso, hanno partecipato al concorso di Profumo senza avere ancora in tasca il titolo di abilitazione (ma iscritti, per esempio, al TFA) e poi l’hanno vinto possono dormire sonni tranquilli?

“Al momento, ci sono diversi pronunciamenti da parte del TAR Lazio e un solo pronunciamento da parte del Consiglio di Stato (che, tra l’altro, ribalta una precedente sentenza di segno opposto del TAR Bolzano). Se la giurisprudenza, per ora univoca, si dovesse consolidare, l’amministrazione potrebbe valutare dei provvedimenti di autotutela”.

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