Cosa sarebbe successo
se Giannini non fosse passata al Pd?

Pasquale Almirante, La Tecnica della Scuola 25.2.2015

E se Stefania Giannini non fosse approdata al Pd da Scelta civica, avrebbe Matteo Renzi lanciato la riforma per la buona scuola? Sottoporrebbe la riforma al consiglio dei ministri di venerdì prossimo? È solo un caso il passaggio tempestivo al Pd di Giannini e l’attuazione della riforma?

Italia Oggi pone una serie di domande che oggettivamente fanno riflettere. Infatti da settimane si parlava, e anche noi ne abbiamo scritto, della volontà di Renzi di attuare un micro rimpasto col quale avrebbe epurato la Giannini. Fonti attendibili lo davano per certo considerate le frecciate maligne del premier contro l’unica esponente di Sc a sedere in consiglio dei ministri, mentre i sondaggi collocavano il partito già di Mario Monti sotto l'1 o addirittura sotto lo 0,5 per cento.

La Giannini, togliendosi la targa del partito che l'aveva portata in Parlamento prima, al governo poi, avrebbe fatto, secondo Italia Oggi, un bel regalo al proprio presidente del consiglio non prendendosi il merito, né lei né il suo ex partito, della riforma della scuola che appare come un prodotto esclusivo del governo Renzi e del suo partito, il Pd.

Se Zanetti, il nuovo segretario di Scelta Civica, cerca di fare la voce grossa, per quel che può, lanciando ammonimenti per l'italicum o per altre riforme, non può ricattare Renzi che a palazzo Madama, ove i precedenti sette voti di Sc potevano far riflettere il presidente del Consiglio prima di mandarli a mare, oggi non c'è un solo seggio di SC.
A Montecitorio, invece, sono rimasti 23 deputati. Utili, pur se non indispensabili. In ogni caso Renzi è consapevole che, in caso di (molto) ipotetica uscita di Sc dalla maggioranza, non tutti quei residui montiani passerebbero all'opposizione. La speranza di un ritorno in Parlamento per loro potrebbe passare esclusivamente nel buon cuore del segretario del Pd. Quale interesse avrebbero nello schierarsi contro di lui?