UN VIAGGIO IN ITALIA ALLA SCOPERTA DEI PROBLEMI
E DELLE ECCELLENZE DELLE NOSTRE SCUOLE

«Presa Diretta» e i mali della scuola:
il governo si offende sui social

Precari, fondi insufficienti, scuole che «senza il contributo dei genitori non aprirebbero nemmeno». I politici rispondono via Twitter: «Ricostruzione a senso unico»

di Antonella De Gregorio, Il Corriere della Sera scuola 9.2.2015

Un’immagine impietosa quella andata in onda su Rai 3 domenica sera, un affondo sulla riforma della scuola prevista dal governo Renzi. Gli inviati di «Presa Diretta» Alessandro Macina e Elena Stramentino hanno fatto un viaggio in Italia alla scoperta dei problemi (e delle eccellenze) delle nostre scuole, in vista della presentazione del decreto, a fine febbraio, che dovrebbe disciplinare con esecutività immediata assunzioni degli insegnanti, formazione e funzionamento delle scuole.

 

Contributi «volontari»

Edifici fatiscenti, aule sovraffollate, realtà che sopravvivono solo grazie al contributo «volontario» («ma ormai assolutamente necessario», sostiene Macina) delle famiglie, che in molti istituti è la prima voce in bilancio. Scuole che vantano crediti con lo Stato di centinaia di migliaia di euro, che non vedranno mai perché i soldi non ci sono. La questione dei precari ed in particolare coloro che non saranno assunti. Investimenti che nascono tagli.

 

I tweet

Ma i protagonisti non ci stanno e replicano, soprattutto, via Twitter, contestando la visione di Riccardo Iacona e dei suoi collaboratori, protestando per una visione «a senso unico», senza il contraddittorio di chi la riforma della scuola la sta scrivendo. Sulla pagina del presidente del Consiglio, un riassunto degli interventi più accorati, che chiariscono innanzitutto la portata degli investimenti: Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione: «Il governo ha fatto il più grande investimento sulla scuola 3mld per insegnanti e 5mld per edilizia».

 

Simona Malpezzi, (deputato Pd, Commissione Cultura): «Spieghiamo a @Presa_Diretta come si legge la stabilità? I miliardi di investimento sono tre. Il miliardo vale solo x i mesi da sett a dic». Francesca Puglisi (responsabile Scuola del Pd) «@Presa_Diretta il prossimo anno scolastico sono 3 i miliardi di euro investiti x #labuonascuola + 3 ogni anno successivo» («Basterebbe saper leggere la legge di stabilità per verificare che il miliardo destinato alla scuola nel 2015 riguarda solo i primi 4 mesi del prossimo anno scolastico e che dunque sono 3 i miliardi all'anno investiti nella scuola per le assunzioni, la formazione degli insegnanti, il nuovo piano per la scuola digitale», ha poi dichiarato Puglisi alle agenzie di stampa); Antonio Aloisi (associazione RENA): «Scegliendo una narrazione parzialissima sulla consultazione #labuonascuola, @Presa_Diretta fa un torto all’intelligenza dei suo spettatori». Donatella Solda-Kutzmann,consulente Miurprecisa che «#presadiretta la sentenza della corte di giustizia non impone alcuna stabilizzazione, ma rimedi adeguati»; e, ancora, Faraone: «150 mila precari diventeranno insegnanti dopo anni. Dal 2016 concorsi e basta graduatorie».

 

Grande malato

Insomma, un coro per dire no al racconto della scuola come un grande malato, «effetto sciagurato della riforma Gelmini, con tagli lineari che l’hanno ridotta allo stremo». Lo ha ribadito in un’intervista radiofonica, lunedì mattina, Davide Faraone, mentre Iacona, di nuovo, rincarava raccontando lo stato dell’arte, per far capire questo malato a che punto è arrivato: «Abbiamo dimostrato che oggi le scuole senza il contributo dei genitori non potrebbero più neanche aprire il portone. In moltissime scuole il contributo scolastico pagato dalle famiglie è la prima voce in bilancio».

 

Le mani dei privati

E tornava a citare convenzioni con catene di supermercati per invogliare le famiglie a fare la spesa per raccogliere bollini da trasformare in dotazioni multimediali per le scuole. «I supermercati che mettono le mani sulle scuole: è giusto?», il quesito. Risponde Faraone: «Noi non vogliamo dare le chiave delle nostre scuole ai privati, ma al tempo stesso non abbiamo paura del rapporto con i privati. Se Microsoft mette a disposizione risorse economiche per formare insegnanti sulla didattica digitale, o Unipol vuole investire su edifici fatiscenti, dobbiamo rifiutare?». «Certo - prosegue il sottosegretario -, non devono essere risorse indispensabili: quello che è indispensabile lo mette lo Stato, ma se ci sono risorse aggiuntive, le prendo. E ogni istituto può fare in autonomia queste convenzioni».

 

I soldi non ci sono

Anzi, è auspicabile che le faccia. Perché - come sostiene Iacona - nel progetto di riforma sta chiaramente scritto che i soldi non ci sono. «Già il nostro Paese investe poco più del 3% nell’istruzione, contro il 6% dell’Europa». «Ma in questo modo si mette in discussione il concetto stesso di servizio pubblico e di scuola pubblica».

 

Assunzioni

Anche sulle assunzioni di insegnanti Faraone ha voluto puntualizzare: «Stiamo intervenendo, non stiamo facendo una riforma per stabilizzare dei precari perché lo chiede la Corte di Giustizia europea, ma perché serve. Stiamo dotando la scuola di insegnanti perché ci sono funzioni scoperte. Sappiamo che le risorse destinate negli anni alla scuola sono state troppo poche. Questo è il governo che sta invertendo la tendenza».

 

Le eccellenze

La trasmissione ha però acceso i riflettori anche sulle storie di innovazione e di eccellenza della scuola italiana: scuole virtuose, che si tengono al passo con le tecnologie, sicure e belle: l’istituto Labriola di Ostia, per esempio, dove i ragazzi studiano come nelle high school americane; l’Itis Majorana di Brindisi, dove si studia sugli ebook; il liceo scientifico Lussana di Bergamo, dove lavora una pioniera della digitalizzazione. Dianora Bardi, prima a introdurre i tablet e le piattaforme «open source» in classe. L’Ocse, intanto, ci boccia di nuovo: «L’Italia deve migliorare equità ed efficienza» - del suo sistema educativo - scrive l’Organizzazione nel suo rapporto «Going for Growth» - che «ha un basso rapporto tra qualità e costo e dovrebbe fare di più per migliorare le opportunità per i meno qualificati». Poche le risorse destinate al settore, conferma l’Ocse. E per fare le tante cose concrete che servono ci vuole tempo, tanto tempo, hanno ammesso i politici. Ma sono proprio quelle eccellenze, quelle scuole che fanno miracoli con le loro forze e il loro entusiasmo, a far capire che, insomma, la scuola pubblica è tutt’altro che morta.