La scuola non pubblica di Renzi di Lorenzo Guadagnucci, MicroMega 12.2.2015 L’altro ieri a Radiotre si parlava di scuola. E’ intervenuto fra gli altri il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone. Ha spiegato qual è la sua concezione di scuola pubblica. E’ una scuola, ha detto, che non ha paura di confrontarsi con il privato. Rispondeva a un’annotazione di Riccardo Iacona, all’indomani di una puntata del programma tv Presadiretta molto critico sulla riforma renziana dell’istruzione. Iacona faceva l’esempio di una scuola finanziata da Conad (o forse era un’altra catena del genere), grazie a un sistema di punti legato alla quantità di acquisti fatti al supermercato. Accettabile? Faraone ha replicato, gonfiando il petto: se la Microsoft mi propone un progetto da 20 milioni di euro di formazione all’informatica, che devo fare? Se la Unipol è disposta a dare 10 milioni per l’edilizia scolastica, devo dire di no? Faraone non è certo un ingenuo e quindi è un cinico: sa quanto chiunque che una scuola finanziata da grandi corporation, colossi della finanza, banche e imprese varie è per definizione una scuola “non pubblica”, che spalanca le porte ai “valori” della grande finanza, delle multinazionali, del mercato. Ma vorrebbe far credere che l’intervento dei giganti privati è un innocente contributo al miglioramento della vita pubblica. Quella di Faraone (cioè di Renzi, cioè del sistema di pensiero e di potere oggi dominante in Europa) è una scuola che si adatta ai tempi che corrono, cioè la dittatura del mercato, e cede su un punto chiave nel futuro della società e della cultura, la formazione, l’etica pubblica, la libertà e il pluralismo. Faraone non ha mancato di tacciare come “ideologiche” le posizioni di chi ritiene che la scuola pubblica debba restate libera dalla pervasiva presenza della logica di mercato, e potremmo dire – se lo reputassimo un ingenuo – che così facendo, senza accorgersene, parla in realtà di se stesso, della sua piena adesione all’ideologia mercatista. Ma Davide Faraone non è un ingenuo, bensì uno dei terminali della campagna in corso per la conquista degli ultimi baluardi sociali rimasti al riparo dal fondamentalismo di mercato, una corrente di pensiero (e ahinoi di azione) tanto più feroce quanto più si rivela fallimentare.
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