La Buona Scuola di Renzi? Meglio la LIP,
la Buona Scuola della Repubblica

Amelia De Angelis, La Tecnica della Scuola 11.2.2015

Lo scorso 8 febbraio tantissimi docenti hanno preferito trascorrere la domenica sera a casa, chiamati a raccolta, attraverso un tam tam di categoria partito il giorno prima su WhatsApp, come telespettatori di un servizio programmato nella trasmissione “Presa diretta”. Il tema della videoinchiesta era la scuola, fotografata così com’è, nelle sue criticità ma anche nei suoi punti di forza. Per i più attenti e informati operatori o fruitori del servizio di istruzione pubblica niente di veramente nuovo nel “mandato in onda”, per tutti gli altri, però, l’inchiesta ha rappresentato una buona e significativa sintesi dei risultati ben poco confortanti delle ultime politiche scolastiche. 
Ma perché si è sentita la necessità di allertare proprio i colleghi, che dovrebbero essere più che informati dello stato in cui versa la scuola italiana, visto che la vivono quotidianamente? Ci saremmo immaginati un appello ai non addetti ai lavori, piuttosto. Il problema è forse proprio qui: molti docenti non sono realmente consapevoli di ciò che sta accadendo al suo interno. Sono distratti dalla routine, da altre “priorità” a volte condivisibili a volte no, dall’apatia e dalla consuetudine all’adattamento a cui anche la dirigenza spesso spinge, e così i guasti che dovrebbero essere sotto gli occhi di tutti non sempre lo sono. Da qui la necessità di un appello forte e chiaro ai docenti e alle docenti delle nostre scuole, perché si preparino a difendere “a denti stretti”, la scuola pubblica.   
Che il Ministero non abbia gradito le critiche al proprio progetto, alla propria “idea” di scuola come veicolata dalla trasmissione è stato subito chiaro, e così qualche “scud“ è stato lanciato nella rete.      
La Buona Scuola disegnata da Matteo Renzi non dovrà essere per forza condivisa, d’altra parte.... Si potrà ancora dissentire, o no? Si potrà ancora dire a voce alta alle famiglie che se un contributo viene definito “volontario” non può essere proposto come “obbligatorio”? Si potrà ancora dire che è vergognoso che senza il contributo finanziario dei genitori la scuola non riesce a funzionare perché i fondi forniti dallo Stato sono insufficienti?
In realtà il progetto renziano di “scuola nuova” è chiaro e coerente con quanto ormai si va definendo da oltre un decennio, e disegna un sistema di istruzione che non vuole più essere un servizio pubblico o almeno un servizio garantito a tutti nella stessa misura, con la stessa qualità. Si va delineando una scuola che si avvia ad aprire sempre di più le porte a finanziatori esterni, in cui il territorio e il contesto ne determineranno mission e qualità; in cui l’intervento economico dello Stato sarà sempre più limitato. Questo è quello che sta accadendo e che, in sostanza, si sta lasciando fare, ai nostri decisori politici.
La domanda da porsi è allora se è questa la scuola che vogliamo per il nostro Paese. Veramente vogliamo che la scuola pubblica italiana, la scuola della nostra Costituzione, cambi fisionomia accogliendo modelli e ideologie liberiste? Perché dobbiamo essere consapevoli che è proprio questo che sta accadendo e se non lo condividiamo dobbiamo scendere in campo per impedirlo, adesso non domani.      
Tra le molte cose buone che la trasmissione “Presa diretta” ha prodotto, in termini di informazione e invito alla riflessione, c’è, quindi,  certamente l’aver ripreso per un momento dal polveroso cassetto in cui è purtroppo costretta, la LIP, la Legge di iniziativa popolare per una Buona Scuola per la Repubblica (la denominazione copiata da Renzi , come ha giustamente fatto osservare Riccardo Iacona nel corso della trasmissione…). Cos’è la LIP? Una proposta di legge depositata in parlamento nel lontano 2006, avanzata al tempo da un movimento costituito da genitori, insegnanti, studenti, nato spontaneamente nel tentativo di bloccare, prima, e abrogare, poi, la tristemente nota legge 53/03 di Riforma della scuola, introdotta dall’allora ministro Letizia Moratti.Scaturita da un lungo percorso di riflessione su una nuova e condivisa idea di scuola pubblica, ha coinvolto nella stesura migliaia di docenti, studenti e genitori di tutt’Italia. La sua storia è dettagliatamente raccontata sul sito internet dedicato, leggepopolare.it . Qui sono reperibili, oltre il testo, tutte le informazioni sulla proposta, sui comitati promotori e, in generale, sulla storia e sulle iniziative del movimento anti-Moratti. Sintesi condivisadi un grande dibattito nella quale sono confluiti i contributi di innumerevoli realtà collettive, la legge popolare contempla tra i suoi contenuti: l’estensione dell’obbligo a 18 anni, il biennio unitario, l’integrazione del nido di infanzia nel sistema educativo, l'obbligatorietà dell'ultimo anno della scuola d'infanzia, il ripristino del tempo pieno nella scuola elementare e del tempo prolungato nella media. 
Per poterla presentare furono raccolte, ormai quasi un decennio fa, ben 100.000 firme, mica uno scherzo! Mai si era vista nella storia della nostra Repubblica – come sottolineavano all’epoca i rappresentanti dei comitati promotori – un’azione di questo genere: per la prima volta, nel nostro paese venne avanzata una proposta di legge sulla scuola per iniziativa popolare: forse il dissenso suscitato all’epoca dall’introduzione della legge 53, da una riforma che veniva imposta dall’alto, non condivisa da chi nella scuola viveva e lavorava, ebbe la capacità di  stimolare una proficua riflessione tra gli italiani su quali dovessero essere gli assi portanti di "una Buona scuola della Repubblica", contribuendo a delinearli finalmente con chiarezza: primo tra tutti, il riconoscimento di una scuola pubblica, laica e pluralista a cui destinare almeno il 6% del Pil.   
Nel 2006 la LIP era la proposta di legge presentata alla Camera n. 1600 e mai discussa; per non farla morire, un nuovo testo è stato poi ripresentato al Senato il 2 agosto 2014 (Disegno di legge 1583) e alla Camera il 15 settembre 2014 (Proposta di legge n.2630), nella speranza di riuscire questa volta ad avviare un cambiamento realmente partecipato e condiviso. Possibile che tutto questo impegno venga completamente ignorato?