La dirigenza scolastica mal sopporta
collegialità e sindacabilità

Lucio Ficara, La Tecnica della Scuola 23.2.2015

In questi giorni si è aperto un importante dibattito sull’opportunità  o meno di modificare la qualifica professionale dei dirigenti scolastici. In buona sostanza l’apertura di credito della Flc Cgil alla legge d’iniziativa popolare per una Buona Scuola per la Repubblica, ha messo in discussione i valori cardine su cui poggia, ormai da oltre quindici anni, la scuola dell’autonomia. Qualcuno ha gridato allo scandalo, sostenendo che il maggior sindacato della scuola, cioè la Flc Cgil, volesse abrogare, come previsto nell’art.29 della LIP riservato alle abrogazioni,  l’art.25 del d.lgs 165/2001. Poi la Flc Cgil, attraverso il suo segretario, Mimmo Pantaleo, ha specificato che non è d’accordo con l’abrogazione dell'art. 25 del TU 165/2001 che definisce ruolo e funzione della dirigenza, ma è pienamente d’accordo con la ratio della LIP e con il metodo della proposta legislativa. Questo interessante dibattito, riguardante quello che è definibile come il “Totem” del ruolo dirigenziale nelle scuole, non ha toccato, secondo il mio parere, il vero punto focale del problema. La dirigenza scolastica odierna, fatte poche eccezioni, mal sopporta e mal digerisce la collegialità e la sindacabilità. Nelle scuole si è creato, piaccia o non piaccia, un dualismo pesante e contrastante tra democrazia collegiale e dirigenza autarchica, tra la concertazione sindacale e il “ghe pensi mi” dirigenziale. I Collegi dei docenti hanno perso e stanno continuando a perdere poteri deliberanti, in molti consigli di classe ci si lamenta, che anche i voti agli scrutini vengono dettati dalla dirigenza. Il dirigente scolastico è diventato il “Deus ex machina” che muove la scuola ed ha una idiosincrasia verso le norme contrattuali e verso le delibere democratiche. Se la dirigenza scolastica non avesse abusato, maldestramente e inopportunamente, dei poteri ricevuti, forse oggi non sarebbe in discussione il ruolo e la qualifica professionale dei dirigenti scolastici. Oggi che il dualismo tra democrazia collegiale e gerarchia dirigenziale è tornato d’attualità e crea dibattito, ecco che diventa giusto sostenere la proposta della LIP che si contrappone alla Buona scuola di Renzi, ed è del tutto ovvio che gli insegnanti e i sindacati tendano ad apprezzare, senza volere abrogare la qualifica dei capi d’Istituto, degli articoli di legge che restituiscono dignità al Collegio dei docenti, ai Consigli di classe, che diano spazio ai Consigli dei genitori e quello degli studenti. La scuola non può essere fatta da un solo uomo al comando, ma deve garantire la partecipazione democratica al suo governo da parte di docenti, educatori, personale ausiliario-tecnico-amministrativo, genitori e studenti. Questo è il male che affligge la scuola dell’autonomia, che soffre della megalomania sfrenata e smodata di quei dirigenti che pensano che tutto dipenda solo ed unicamente dall’avere il dominio e il controllo assoluto di tutto, invece non deve essere così, esistono regole, leggi e principi costituzionali a cui tutti ma proprio tutti dovrebbero ispirarsi.