#riformabuonascuola Renzi:
faremo un decreto e una legge delega

Reginaldo Palermo, La Tecnica della Scuola 22.2.2015

Il presidente Matteo Renzi non ha ancora scoperto le carte. Per ora si sa soltanto che la riforma sarà contenuta in due provvedimenti, un decreto legge e un disegno di legge delega. Assunzioni a parte, per tutto il resto ci vorranno almeno un paio di anni.

Al netto delle autocelebrazioni, degli annuni e delle promesse sul prosperoso futuro della scuola italiana, l'intervento di Matteo Renzi è stato sostanzialmente deludente: di quello che ci si aspettava non ha detto nulla o quasi.

Per adesso, comunque, è stato svelato il mistero sugli strumenti normativi che il Governo intende utilizzare per dare avvio alla riforma.

Ci sarà un decreto legge, sicuramente per le assunzioni e forse anche per la carriera dei docenti, mentre per tutto il resto si utilizzerà una legge delega.

Questo in pratica significa che la riforma potrà partire - nella migliore delle ipotesi - nel 2016-2017, ma è probabile che si sliterrà addirittura al 2017/2018. Il calcolo dei tempi è presto fatto: se nei prossimi giorni il Governo invierà il disegno di legge al Parlamento, il provvedimento non potrà essere approvato prima del prossimo mese di luglio (ma questa è una ipotesi molto ottimistica); dopo di che deororrerano i termini per l'adozione dei decreti applicativi. Se il Parlamento dovesse dare al Governo 9 mesi di tempo, i decreti potrebbero essere adottati entro fine maggio e quindi si potrebbe anche pensare ad un avvio per settembre 2016.
Ma è chiaro che potrebbe bastare un piccolo ritardo in una qualsiasi fase dell'intero percorso per dover rimandare di un anno il progetto Buona Scuola.

Ed è forse proprio alla legge delega che Renzi ha pensato quando ha detto che il Governo sta già pensando di consentire anche alle scuole di accedere ai fondi del 5 per mille ("Ma le scuole - ha sottolineato il Presidente - dovranno a quel punto garantire che i loro bilanci siano assolutamente pubblici, chiari e trasparenti").

Per il resto non c'è molto da dire se non che il convegno ha sancito anche una curiosa rottamazione, quella dei cognomi: tutti i big che si sono succeduti al microfono (dal ministro Giannini, a Francesca Puglisi fino a Faraone e Renzi) si sono reciprocamente chiamati per nome (Francesca, Stefania e così via). Forse era anche per il clima un po' familiare che spesso si respira negli incontri di partito anche se - curiosamente - riferendosi all'ex ministro Berlinguer nessuno lo ha chiamato Luigi.