Fondi ai docenti meritevoli e la qualità aumenta Pasquale Almirante, La Tecnica della Scuola 3.2.2015
Se le scuole non sono aziende, sono comunque “imprese sociali” di elevata complessità che richiedono una “leadership distribuita”, comprendente il preside e un limitato numero di docenti di sua fiducia (“quadri intermedi”) impegnati nell’organizzazione dei servizi. Per il Presidente dell’Associazione TreeLLLe, Attilio Oliva, che interviene sul Sole 24 Ore, la qualità dell’insegnamento migliora premiando il merito dei prof In prospettiva, TreeLLLe indica un ulteriore sviluppo positivo: riservare l’accesso alla funzione di preside solo a chi ha svolto positivamente ruoli di mentore o di quadro intermedio, così da verificare preventivamente i requisiti attitudinali(oggi ignorati) essenziali per dirigenti che di fatto occuperanno per tutta la vita, nel bene o nel male, quella posizione. Tutto ciò richiede che un po’ di risorse siano finalmente dedicate al personale meritevole per migliorare la “qualità dell’insegnamento“ nell’interesse degli studenti piuttosto che, come ė finora avvenuto, per creare nuovi posti di lavoro. Ma i soliti nemici della autonomia non si danno ancora per vinti: giungono notizie di spinte per spostare la valutazione del merito al di fuori delle scuole, tramite concorsi nazionali o territoriali. Con l’appendice di nominare a vita mentori e quadri secondo un modello di carriera rigido e immodificabile nel tempo. L’esperienza dovrebbe aver ben dimostrato che i concorsi sono costosi, lenti ed inefficaci, esposti a raffiche di contenzioso e comunque affidati a commissioni che non hanno conoscenza diretta della singola scuola, né un diretto interesse a scegliere i più idonei. Il principio di operare nomine a vita, poi, costituisce un doppio errore: toglie a tutti i non prescelti la tensione positiva a migliorare e preclude ai più giovani la possibilità di concorrere a posizioni superiori, occupate a vita da chi vi è approdato per primo. Una tale decisione, ove mai fosse assunta, non terrebbe conto del fatto che non solo le persone cambiano nel tempo, ma che anche la scuola cresce e modifica i propri bisogni e non può essere trattata come un esercito da irreggimentare. Tanto più che queste figure rigide, migrando da una scuola a un’altra, determinerebbero soprannumerari e/ o carenze nei vari profili necessari”.
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