Con la riforma Renzi,
gli insegnanti del Sud rischiano di più

 IO donna, 7.4.2015

Finite le vacanze di Pasqua, il disegno di legge sulla scuola riprende a correre velocemente, con l’obiettivo di arrivare all’approvazione entro fine maggio. Ce la faranno? Mah, si parla anche di scorporarlo in due, per far partire le assunzioni. Intanto però, mentre sono in corso le audizioni alla Commissione Cultura della Camera a ritmi forzati (ce ne sono in programma 70!) gli insegnanti continuano a dire la loro anche fuori dalle sedi istituzionali e dalle associazioni di categoria. Mentre sta per partire una nuova ondata di scioperi (già da giovedì 9 Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola con Gilda e Snals bloccheranno le attività dei docenti non obbligatorie) cresce la mobilitazione spontanea.

Che succede? Daniela Costabile è nel coordinamento degli insegnanti calabresi, un’associazione di base collegata ai Docenti per la scuola statale pubblica, agli insegnanti di sostegno e ad altre sigle, tutte nate dal basso e senza “timbri” politici. Tra tante preoccupazioni, la maggiore è per i poteri eccessivi del preside-sceriffo, o preside-sindaco, che costerebbero caro soprattutto agli insegnanti meridionali. “Innanzi tutto, siamo contrarissimi alla creazione dell’albo regionale degli insegnanti, che ricalca fedelmente la proposta Aprea” dice. “Oggi un professore può chiedere un trasferimento a Milano e, dopo qualche anno, cercare di tornare al Sud. La riforma prevede invece che ognuno possa iscriversi solo a 1 albo regionale, e là restare. Finirebbe la mobilità degli insegnanti”.

E già questa, sarebbe una limitazione grave. Ma il punto principale è la chiamata diretta: sarà il preside stesso, secondo la riforma, a chiedere gli insegnanti che serviranno alla sua scuola secondo un piano triennale deciso da lui stesso. Pescherà da un “limbo”, un gran minestrone dove confluiranno i neoassunti, quelli che chiederanno il trasferimento e i perdenti posto, cioè quelli che restano a spasso se, per esempio, la loro scuola perde iscritti e cancella una sezione. Da questa gran massa di nomi lui pescherà a piacimento, “sentiti” il collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto, che di fatto perderanno tutti i poteri. Con quali criteri sceglierà i docenti per la sua scuola? Finora non è specificato, si aspetta (e spera) una legge delega a seguire. Ma intanto è chiaro che sarà sempre il dirigente, dopo l’anno di prova, a promuovere o a bocciare – ergo: licenziare – il nuovo prof.

Per la scuola meridionale, il rischio di una deriva è altissimo. “Che cosa succederà al Sud, con la mafia che c’è?” si interroga Daniela Costabile. “Siamo preoccupatissimi: finora la scuola è stato in molte zone l’unico presidio di legalità rimasto. Se si dà al preside carta bianca, finirà per subire le pressioni della criminalità organizzata, e per chiamare in cattedra l’amico dell’amico mafioso. Finora le graduatorie hanno sempre garantito la trasparenza, la riforma darà spazio all’arbitrio. Con conseguenze drammatiche”.

Un rischio che Renzi non aveva previsto?