L’APPELLO
«La scuola non è un’azienda», Secondo diversi gruppi di docenti riuniti online, il ddl è incostituzionale e non rispetta i principi di oggettività e merito del pubblico impiego di Valentina Santarpia, Il Corriere della Sera scuola 1.4.2015
Dopo giorni di discussioni, post polemici, interventi accalorati, gli insegnanti hanno deciso di appellarsi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per dire «no» al ddl della Buona scuola. Lo hanno fatto aprendo una petizione sulla piattaforma online change.org, che in poche ore martedì ha raccolto duemila firme, ma che punta a catalizzare l’attenzione di oltre 100 mila professori, sparpagliati nei vari gruppi digitali nati negli ultimi mesi, da Professioneinsegnante.it a Informascuola, passando per Docentiimmobilizzati e Insegnanti italiani uniti, al grido di #Laverascuola gessettti rotti.
«Il nostro è un urlo accorato, “dal basso”, di professionisti e lavoratori che prefigurano uno scenario clientelare, privatizzante, aziendalistico dell’Istituzione che rappresentiamo», scrivono gli insegnanti al capo dello Stato. Nel mirino i poteri che il ddl conferisce al dirigente scolastico, trasformandolo in un «leader educativo» o supermanager: «Conferire al Dirigente Scolastico il potere di scelta dei docenti, istituendo albi regionali che di fatto li precarizzano, violerebbe non solo i diritti acquisiti di quei docenti, ma anche l’art. 33 Cost., secondo il quale “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”», si legge nell’appello. Il timore è che la «discrezionalità» del preside faccia venire meno «i presupposti minimi di oggettività e di merito su cui dovrebbe essere improntata l’azione del pubblico impiego, specie in un settore così
delicato, come quello dell’istruzione, preposto alla formazione delle persone e dei cittadini».
Per gli insegnanti uniti nella petizione, il timore è che la scuola venga governata da principi che dovrebbero regolare il mondo dell’impresa, mentre, fanno notare, «la scuola non è un’azienda e, per la sua stessa natura di “comunità”, necessita di una gestione partecipativa e non verticistica». A rischio è anche «la collaborazione all’interno del corpo docente, tratto essenziale per la buona riuscita del rapporto apprendimento-insegnamento». Sotto accusa, infine, è la «partecipazione» a cui erano stati chiamati per collaborare al disegno di legge: «Viene da chiedersi che senso ha avuto, nei mesi scorsi, espletare una consultazione con i cittadini, con i docenti e con i dirigenti, se poi di quelle risposte e di quelle proposte non è stato comunicato alcunché. E’ questo il livello di serietà e di trasparenza che ispira chi ha redatto quel Disegno di Legge?», scrivono i docenti esasperati, chiedendo udienza a Mattarella prima dell’avvio dell’iter parlamentare del ddl. |