Uscire dal caos dei trasferimenti?
Si può, ecco come.

di Sergio Bianchini, il Sussidiario 28.9.2014

Il docente italiano ha un'altra grande caratteristica che lo rende unico al mondo. Ha la titolarità  di istituto e la trasferibilità  nazionale.

Entrambe sono molto deleterie per l'organizzazione scolastica e sono le due facce della unica, vitale pulsione organizzativa del sistema scolastico italiano: la transumanza dei docenti.

La titolarità  di istituto significa che il docente entra in ruolo prendendo servizio presso uno specifico istituto scolastico che oggi vuol dire una struttura con 1000-1500 alunni, un centinaio di docenti ed un preside.

Se l'anno successivo gli alunni iscritti diminuiscono avviene che, con la contrazione dell'organico di diritto legato matematicamente al numero delle classi, il docente non abbia più spazio e diventi un perdente posto. A quel punto è obbligato a fare domanda di trasferimento e richiede una lista di istituti scolastici in cui preferirebbe essere spostato. Si tratta del trasferimento obbligatorio subordinato all'esistenza di istituti che al contrario hanno in quell'anno una carenza di titolari.

Oltre al trasferimento obbligatorio vi è il trasferimento a domanda, cioè fatto non sotto la pressione della contrazione dell'organico ma richiesto spontaneamente dal docente per ragioni personali.

Entrambi questi trasferimenti hanno un raggio d'azione nazionale, vedono un automatismo informatico che su base nazionale predispone tutti i movimenti (in numero enorme, pare intorno al 25 per cento del personale) di docenti per l'anno successivo, senza alcuna voce in capitolo degli istituti di approdo o dei presidi.

Ecco, di fatto è questo dei trasferimenti il vero rito sacro della scuola italiana che ha la precedenza su tutti gli altri provvedimenti e che regolarmente, a causa dei suoi tempi, dei ricorsi, delle rettifiche, impedisce da decenni l'inizio regolare dell'anno scolastico (come puntualmente anche quest'anno si è verificato). Regolare per modo di dire, perché la discontinuità  didattica è garantita ma anche il supplente annuale, figlio della discontinuità , viene regolarmente nominato in ritardo rispetto all'inizio delle lezioni. Quindi una discontinuità  ritardata e aggravata. 

Le famose ed antiche Doa (dotazioni organiche aggiuntive) che avrebbero dovuto risolvere il problema non hanno funzionato perché si sarebbe dovuto gonfiare l'organico di 10mila istituti, con costi insostenibili.

Ma una soluzione ci sarebbe: l'istituzione della titolarità  di distretto. Se i docenti fossero titolari non di cattedra in uno specifico istituto ma in un territorio di circa 200mila abitanti (20mila studenti  e 2mila docenti circa) si potrebbero evitare le microfluttuazioni annuali ed una dirigenza scolastica distrettuale potrebbe molto facilmente risolvere tutti i problemi di utilizzo annuale delle risorse assegnate.

Ciò toglierebbe alle scuole, ai docenti ed al meccanismo nazionale l'onere della maggioranza delle richieste di trasferimento e semplificherebbe enormemente tutto il sistema. Inoltre la dirigenza didattica distrettuale avrebbe un'effettiva possibilità  di rapportarsi alle esigenze del territorio. 

I distretti scolastici furono istituiti nel passato, ma erano più che altro strumenti di esercitazione della "democrazia dal basso" e di contrapposizione al "verticismo" ministeriale e provveditoriale, luoghi  dove i presidi limitrofi si incontravano periodicamente per confrontarsi e lamentarsi di tutto. Non avevano alcun potere sui meccanismi di gestione del personale. Vennero aboliti dopo vent'anni di funzionamento inutile e costoso. 

Stabilire il distretto come area funzionale e gestionale reale a mio parere consentirebbe anche di fare concorsi distrettuali, con l'immediata immissione in ruolo nel distretto stesso senza il vincolo del concorso nazionale e del successivo posizionamento su tutta la superficie nazionale.

Per mettere poi fine alla transumanza si potrebbe abolire il trasferimento annuale a domanda sostituendolo con la richiesta permanente di trasferimento, senza quindi la gara e l'ossessione annuale.

La richiesta, presentabile in qualunque momento, non annuale ma poniamo quinquennale, dovrebbe essere depositata ed essere efficace salvo ritiro. Dovrebbe inoltre poter essere visionata dalle scuole richieste per l'approdo. Con il mio schema della titolarità di distretto il singolo istituto sarebbe tolto dal registro delle 10mila opzioni e sostituito solo dall'elenco dei 500 distretti.

Una volta avvenuto il cambio di titolarità l'utilizzo concreto annuale dovrebbe essere definito a livello della singola direzione distrettuale che viste le dimensioni sarebbe ben informata sui singoli istituti, sulle loro esigenze ed anche sulle caratteristiche delle persone in ingresso il cui curricolo dovrebbe essere conosciuto in anticipo. 

Si tratta di modifiche semplici e molto concrete che inciderebbero profondamente sia sul malcostume sia sulla macchinosità di quella che tutti chiamano sprezzantemente burocrazia, ma che è figlia del rifiuto generalizzato delle semplificazioni possibili.

Sarebbero modifiche assai benefiche per la vita scolastica. Ma a qualcuno interessa davvero il clima delle scuole?