Con la crisi lo studio dell'economia
in classe è ancora più urgente

di Anna Maria Ajello*, Il Sole 24 Ore 22.9.2014

La crisi economica, secondo alcune ricerche trattate in un recente numero del "Journal of Social Science Education" (vol 12 N° 2 , 2013), rappresenta un'«occasione d'oro»per l'educazione economico-finanziaria a scuola. Le sue conseguenze nella vita quotidiana delle famiglie e l'abbondante utilizzo di nozioni economico-finanziarie nei notiziari, forniscono numerose opportunità per realizzare quell'intreccio fra sapere teorico e conoscenza esperienziale di cui spesso si sottolinea il valore, ma che la pratica didattica fatica ancora a realizzare.

La prima questione riguarda l'educazione del consumatore: introdurre nella scuola lo studio di alcune nozioni base sul funzionamento del mercato degli investimenti e dei prestiti - come proposto di recente dal governo inglese - potrebbe mettere al riparo i futuri risparmiatori dalle scelte avventate o dalle vere e proprie truffe. Un importante lavoro in questa direzione è sviluppato da istituzioni nazionali e internazionali e anche in Italia, ad esempio, da Banca d'Italia e Abi.

Una seconda questione riguarda i nessi rilevati dalla ricerca comparativa tra le modalità di insegnamento dell'economia e gli apprendimenti. In Grecia, ad esempio, è emerso che gli studenti padroneggiano i concetti economici anche complessi che più sono legati alla loro realtà economica e sociale: un caso positivo di saldatura tra apprendimenti scolastici e conoscenza esperienziale esterna. In Finlandia, invece, contrariamente ad altri ambiti di apprendimento, gli studenti compiono errori concettuali e metodologici che vengono ricondotti all'impostazione teorica "neutrale" dei manuali di economia rispetto alla crisi, oscurando i nessi sociali e politici. In questo caso i docenti finlandesi sembrano non utilizzare la grande libertà nell'impostazione dell'insegnamento che è loro attribuita dai programmi scolastici.

Per quanto riguarda l'Italia una ricerca comparativa con la Francia condotta nel 2000 e ripetuta nel 2009 ha evidenziato una progressiva radicalizzazione dei giudizi: i nostri studenti sembrano attribuire impietose responsabilità della crisi alla politica, senza però mostrare una corretta conoscenza dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni politiche e di quelle economiche. Non emerge inoltre una significativa differenza tra gli studenti degli istituti tecnici, dove è previsto lo studio delle materie economiche, e quelli dei licei scientifici, dove tale insegnamento non è in programma.

La ricerca internazionale sostiene lo studio dei nessi politici e sociali con i fenomeni economici per facilitare una migliore comprensione dei concetti. Vi è inoltre grande dibattito sull'opportunità di affrontare le scienze sociali in modo integrato e multidisciplinare, al fine di favorire il collegamento tra gli eventi contemporanei e la teoria economica.

La ricerca comparativa internazionale sull'educazione economico-finanziaria rappresenta un bell'esempio in cui i risultati sui livelli di apprendimento vengono utilizzati per un approfondimento critico. Ciò vuol dire, in altre parole, non guardare alle classifiche internazionali soltanto come insuccessi degli studenti e/o dei loro insegnanti, ma cogliere i significati più profondi che quei risultati possono contenere.

A questo dovrebbero servire proprio le ricerche comparative che valutano le acquisizioni degli studenti ed è questa la funzione che più direttamente l'Invalsi intende ricoprire.


* Presidente Invalsi