Un anno di consultazioni? Reginaldo Palermo, La Tecnica della Scuola 13.9.2014
Un anno di
consultazioni significa che il Parlamento potrà iniziare a lavorare
nell'autunno del 2015. La legge di riforma potrebbe essere quindi
approvata nell'autunno del 2016 per entrare in vigore con l'anno
scolastico 2017/18 Certamente un anno di dibattiti, incontri, consultazioni e così via potrà servire a creare il consenso necessario e a trovare soluzioni condivise sui punti più controversi e complessi. Ma se si guarda la questione sotto un altro aspetto, c’è da essere preoccupati, se non addirittura sgomenti: Renzi vuol forse dire che per un anno non si assumeranno decisioni e si continuerà a discutere e a dibattere? Se è così, va detto fin da ora che non ci siamo proprio: la scuola italiana non può aspettare ancora, i problemi sono gravi e complicati e necessitano di soluzioni immediate, urgenti e decisive. Il problema dell’organico funzionale può essere ancora rimandato? E fino a quando bisognerà attendere perché si assuma qualche decisione sul tema del rapporto fra scuola e mondo del lavoro? La formazione e l’aggiornamento dei docenti possono essere lasciati ancora per molto tempo alla buona volontà e alla libera iniziativa dei singoli? Ma quello che più allarma nelle parole di Renzi è il fatto che non si capisce se anche il piano di assunzioni dovrà passare attraverso dibattiti e confronti o se invece lo si dà per scontato. Facciamo poi due conti: se per discutere il Piano ci vuole in anno, è evidente che solo nell’autunno del 2015 potremo avere una proposta di riforma definitiva e condivisa da portare in Parlamento. E siccome i tempi tecnici li conosciamo bene, questo vuol dire che la proposta potrebbe diventare legge dello Stato solo nell’autunno del 2016 e quindi entrare in vigore a partire dall’anno scolastico 2017/2018. Intanto , per i prossimi 3 anni nella scuola si continuerà a navigare a vista, con risorse sempre più scarse e in un clima di incertezza sempre maggiore. E allora, non sarebbe forse male se Renzi spiegasse un po’ meglio che cosa vuole dire davvero. |