Linee guida, quello che non va: 'Quota 96' spariti dai radar,
troppo potere ai ds e addio scatti d’anzianità
Alessandro Giuliani, La
Tecnica della Scuola 16.9.2014
A rilevare i
bug è Fabrizio Bocchino, senatore del Gruppo Misto Italia Lavori In
Corso e vicepresidente della 7ª Commissione: manca un intervento
sistemico e tanti i punti da rivedere; dai 'Quota 96', spariti dai
radar, alla mancanza di prospettive per i prof in II fascia; dai
dirigenti che potrebbero scegliersi il proprio staff di docenti,
allo stipendio dei prof affossato fino al 2018. Sul nuovo
reclutamento: serve un concorso a numero programmato, che dia
accesso alla laurea abilitante biennale dopo il triennio con un anno
di tirocinio aggiuntivo.
Continua il
percorso di approfondimento della ‘Tecnica della Scuola’ sulle linee
guida proposte dal Governo e da poche ore presentate alla
cittadinanza, attraverso il percorso di consultazione nazionale, per
coglierne opinioni e umori. Dei possibili sviluppi e dei rischi
insiti nel progetto di riforma del settore, abbiamo parlato con
Fabrizio Bocchino, senatore del Gruppo Misto Italia Lavori In Corso
(ILIC) e vicepresidente della 7ª Commissione permanente (Istruzione
pubblica, beni culturali) di Palazzo Madama.
Senatore Bocchino, cosa pensa della riforma
sulla Scuola che il Governo Renzi ha appena sottoposto al giudizio
di cittadini, studenti, genitori e addetti ai lavori?
Non siamo di fronte a una riforma della scuola, perché manca un
intervento sistemico sul settore. Il presidente del Consiglio, da
questo punto di vista, è stato astuto, preferendo la formula delle
'linee guida'. Forse, chissà, proprio perché in passato la parola
riforma non ha portato molta fortuna.
Fatta questa premessa, nel piano Renzi-Giannini ci sono interventi
dovuti, quali l'assunzione dei precari, a fronte dei circa 60 mila
posti vacanti e disponibili, ma non mancano le lacune. A cominciare
dai 'Quota 96', al momento spariti dai radar. Così come non c'è
traccia dei docenti di seconda fascia (delle graduatorie d’istituto
n.d.r.) per i quali 'La buona Scuola' non prevede alcun concorso ad
hoc. Grandi assenti, poi, sono i provvedimenti sul diritto allo
studio. Mentre l'implementazione del potere dei dirigenti
scolastici, così come concepita, è sbagliata.
A tal proposito, le linee guida contengono
un incremento dell’area di competenze in mano ai dirigenti
scolastici: più di qualcuno teme che si tratta dell’anticamera della
chiamata diretta. Che ne pensa?
Il rischio c'è e dobbiamo tenere alta la guardia. Sono del parere
che una forma di autonomia debba essere data ai dirigenti
scolastici. Ma a fronte di un processo valutativo serio. Insomma,
l'autonomia deve essere responsabile. Proprio quello del
reclutamento potrebbe rivelarsi un aspetto pericoloso: il dirigente,
infatti, alla fine del tirocinio di un aspirante docente, decide in
solitaria la sua eventuale immissione nel sistema nazionale
dell'istruzione. Ed è proprio questo il nodo da sciogliere. La
decisione non può rimanere in capo solo al singolo dirigente, ma va
ampliata. Per esempio all'università in cui l'insegnante si è
formato.
Sulla riforma del reclutamento, quale
sarebbe il modello da intraprendere?
L'intero processo va rivisto a partire dalla formazione
universitaria e fino all'immissione in ruolo. Anche perché la
proposta Renzi, così com'è, finirebbe per generare sacche di
precariato. Con il concorso ex post, in caso di mancato superamento
delle prove, gli aspiranti insegnanti si ritroverebbero in una
situazione problematica, vanificando gli anni investiti nella loro
formazione.
Ecco perché noi, come Italia Lavori In Corso, proponiamo un concorso
a numero programmato, che dia accesso alla laurea abilitante
biennale dopo il triennio e contempli un anno di tirocinio
aggiuntivo. Alla fine del percorso, quindi, il docente sarebbe
immesso in ruolo, previa conferma da parte della scuola di
appartenenza. Ma anche dell'università frequentata.
Ma lei crede che con l’assunzione di
150mila docenti precari e l’introduzione dell’organico funzionale,
si potrà davvero fare a meno dei supplenti 'brevi'?
Sì. A patto che si organizzino bene le reti di scuole e i team di
docenti. Insomma, l'obiettivo si può raggiungere solo se si punta a
un'appropriata ottimizzazione delle risorse.
L’ultima domanda riguarda gli stipendi dei
docenti: lo sa che i neo assunti vincitori di concorso, senza
servizio alle spalle, guadagnano poco più di 1.200 euro al mese per
diversi anni?
Gli insegnanti italiani rimangono i meno pagati rispetto ai
colleghi del resto d'Europa. È un problema antico che mortifica la
dignità di chi esercita questa professione e sul quale bisognerebbe
intervenire con convinzione. Ma a quanto pare il tema non è
all'ordine del giorno. Come dimostrano i contratti bloccati da anni
e l'ulteriore doccia fredda dell'abolizione degli scatti d'anzianità
del piano targato Renzi-Gelmini. Ben venga il merito degli
insegnanti, ma non dimentichiamo che gli scatti sono una
compensazione della mancanza di progressione di carriera dei docenti
che, nell'attuale cornice normativa, non può essere abolita con un
colpo di spugna.