Maturità, la scelta sbagliata
Secondo il ministro Giannini le attuali
commissioni miste di Andrea Gavosto*, La Stampa 29.9.2914
Il governo sta cercando di trovare i fondi per assumere nella
primavera del 2015 i 150.000 precari della scuola inseriti nelle
graduatorie ad esaurimento: costo stimato 3 miliardi, probabilmente
di più se si aggiungono le ricostruzioni di carriera al momento
dell’ingresso in ruolo. Le ultime due misure sono molto discutibili. Il finanziamento statale alle università è in calo da anni ed è oggi pari a poco meno di 7 miliardi: si tratta di una cifra che a molti atenei permette a malapena di pagare gli stipendi, tralasciando contratti di ricerca, borse di studio, attività di internazionalizzazione, tutto quanto, insomma, fa di un’università un centro di studio pulsante. È vero che l’offerta universitaria è ancora largamente costruita sulle necessità di chi ci lavora – i docenti e il personale amministrativo - non di chi ci studia e che esistono ampi margini di efficienza; tuttavia, è difficile pensare che così l’Italia possa raddoppiare entro il 2020 la percentuale di giovani laureati, come si è impegnata a fare. Soprattutto, dovremmo chiederci se non rinnovare i contratti a tantissimi promettenti giovani ricercatori, costringendoli a cercare fortuna all’estero, per assumere, senza un controllo di qualità, tutti i supplenti delle graduatorie - compresi i mille specializzati in steno-dattilografia! - sia una scelta davvero lungimirante per il futuro del paese.
Cambiare l’esame di maturità nella direzione voluta dal ministro
Giannini - sostituendo le attuali commissioni miste con membri
esclusivamente interni - è, a mio avviso, sbagliato.
Ovviamente, se il giudizio finale spetta agli stessi insegnanti che
hanno seguito lo studente durante l’anno, le differenze fra scuola e
scuola e fra classe e classe saranno ancora più accentuate; i voti
saranno tendenzialmente più alti, perché difficilmente un consiglio
di classe vorrà «sminuire » il proprio operato. La scelta italiana
va controcorrente rispetto alle migliori pratiche internazionali,
dove prevalgono prove standardizzate e esami centrali, ovvero
corretti secondo criteri omogenei a livello nazionale. Anche da noi
sarebbe sufficiente che i compiti fossero inviati a una commissione
unica centrale o scambiati fra le scuole di regioni diverse, per
assicurare una maggiore confrontabilità e attendibilità dei
risultati, con un minimo costo aggiuntivo. * Direttore Fondazione Agnelli
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