12 punti sulla riforma della scuola di Renzi
Nuove assunzioni, stop alle supplenze,
adeguamento dello stipendio: la riforma Giannini-Renzi
Sandro Iannaccone,
Wired.it 3.9.2014
“Un
patto educativo, non l’ennesima riforma”: così il
premier Matteo Renzi introduce,
su un
video pubblicato sul
sito passodopopasso, l’attesissima
riforma della scuola. Come vi
avevamo raccontato, i punti salienti della
Giannini-Renzi, stando a quanto annunciato dalla
stessa Giannini qualche tempo
fa, prevedono 100mila nuove assunzioni
nel triennio 2015-2018, l’aggancio dello stipendio degli
insegnanti a carriera o merito, la riduzione del
precariato, l’aumento dell’orario
di insegnamento, una
maggiore autonomia per le
scuole, la modernizzazione di
programmi e competenze, una maggiore alternanza
scuola-lavoro per gli istituti
professionali e una rivisitazione
dell’esame di maturità.
Oggi, dopo giorni di anticipazioni, indiscrezioni, desideri e
ricostruzioni, il governo ha finalmente rilasciato il
rapporto La buona scuola – Facciamo
crescere il Paese che contiene, in dodici punti, tutti
gli impegni e le idee per rinnovare l’istruzione italiana. Ecco il
riepilogo.
Mai più precari.
Il rapporto prevede “un piano straordinario per assumere
150mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Graduatorie
a Esaurimento [Gae]”. Si tratta, spiega il governo,
di “graduatorie storiche da cui è previsto che ogni anno venga
attinto il 50% di tutti i nuovi doventi da assumere – essendo il
restante 50% riservato ai vincitori di concorsi per docenti della
suola”, e che, a sette anni dalla chiusura, sono ancora
“intasate” da 155mila aspiranti docenti. Per l’anno scolastico
2014-2015, il governo prevede di assumere 15mila unità (circa 7.700
su cattedre ordinarie e 6.700 su posti di sostegno). Il botto,
secondo le previsioni del governo, dovrebbe avvenire nell’anno
scolastico successivo, con l’assunzione in blocco delle restanti
148.100 persone (quelle che resteranno nelle Gae e i vincitori del
concorso del 2012). Un’operazione che costerà circa 3 miliardi di
euro, cifra che potrebbe scendere di 300-350 milioni l’anno
riducendo efficientemente le supplenze brevi.
Dal 2016 si entra solo per concorso.
Smaltite le graduatorie, il governo punta a tornare (o meglio: a
entrare per la prima volta) in un regime normale, in cui si
accede alla scuola solo per concorso. Secondo le previsioni, saranno
assunti “40mila giovani qualificati tra il 2016 e il 2019. Si
diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla
Costituzione. Mai più “liste d’attesa” che durano decenni”.
Basta supplenze.
Un piano di assunzioni così massiccio dovrebbe auspicabilmente
garantire alle scuole “un team stabile di docenti” per
coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli
studenti una continuità didattica fondamentale per la
formazione. Se le previsioni fossero giuste, dunque, entro un lustro
dovrebbe scomparire la dispendiosa figura del docente supplente.
La scuola fa carriera, qualità, valutazione,
merito.
Il rapporto prevede anche una serie di adeguamenti sullo
stipendio dei docenti: “Ogni 3 anni 2 professori su 3 avranno in
busta paga 50 euro netti al mese in più grazie a una carriera che
premierà qualità del lavoro in classe,
formazione e contributo al miglioramento
della scuola”, valutati da ogni scuola con dei Rapporti di
Autovalutazione stilati a partire dal 2015.
La scuola si aggiorna: formazione e
innovazione.
I docenti dovranno seguire una formazione continua
obbligatoria, incentrata soprattutto su temi di pedagogia e
didattica innovativa (“Per valorizzare i nuovi Don Milani,
Montessori e Malaguzzi”, racconta il rapporto).
Scuola di vetro: dati e profili online.
Si continua a parlare, ovviamente, di trasparenza: i dati
di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) saranno
online e pubblicamente accessibili entro il 2015. Sarà inoltre
istituito un registro nazionale dei docenti “per aiutare i
presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa”.
Sblocca scuola.
Il rapporto prevede lo snellimento buracratico del
pachiderma dell’istruzione. Nelle intenzioni dei legislatori,
presidi, docenti, amministrativi e studenti saranno al lavoro per
individuare le cento procedure burocratiche più gravose per la
scuola. “Per abolirle tutte”.
La scuola digitale.
Tutte le scuole saranno dotate di banda larga e wifi,
grazie a piani di coinvestimento. Il governo ha intenzione di
adottare la modalità del cosiddetto BYOD (Bring Your Own
Device, cioè Porta il tuo dispositivo): “La didattica
viene fatta su dispositivi di proprietà degli studenti, e le
istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può
permettere”.
Cultura in corpore sano.
Il piano prevede di aumentare le ore di musica ed
educazione fisica nella scuola primaria e di storia
dell’arte nella scuola secondaria.
Le nuove alfabetizzazioni.
Insegnamento della lingua inglese a partire dai 6 anni,
di coding e pensiero computazionale nella scuola
primaria, dei principi dell’economia nella secondaria. Un
piano che ricorda molto, nelle intenzioni e negli slogan, le famose
tre i (Internet, inglese, impresa) del fu
governo Berlusconi.
Fondata sul lavoro.
Negli istituti tecnici e professionali sarà
intensificata l’alternanza scuola-lavoro, per un totale di circa 200
ore l’anno, offrendo stage, tirocini e apprendistati sperimentali.
La scuola per tutti, tutti per la scuola.
Per fare tutto questo (ma anche la metà di tutto questo),
serviranno soldi. Parecchi. Il governo prevede di “attirare
risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese) attraverso
incentivi fiscali e semplificazioni
burocratiche”. Accuratamente evitata la parola
“tasse”. Staremo a vedere.