"Mille asili nido in mille giorni".
Ma l'Europa rimane lontana
Renzi e Delrio annunciano l'iniziativa del
governo: "Per garantirela nostra attenzione sulla scuola
dell'infanzia e per ridurre la profonda diversità tra Nord e Sud". I
sindacati però replicano: "Misure insufficienti, non bastano a
raggiungere il livello richiesto"
di Salvo Intravaia, la Repubblica
scuola
2.9.2014
Mille asili in mille giorni", per
combattere la dispersione scolastica e promuovere le pari
opportunità. L'annuncio è di Matteo Renzi, ieri durante la
conferenza stampa di presentazione dell'azione di governo per i
prossimi tre anni. Ma qual è l'attenzione che il nostro Paese presta
ai più piccoli? Quanti sono quelli che fruiscono di servizi per
l'infanzia e quanti ogni anno restano esclusi? I mille asili di cui
parla Renzi sono pochi o molti?
IL CONFRONTO EUROPEO.
Secondo un'indagine di Cittadinanzattiva, il nostro Paese è indietro
rispetto alla maggior parte dei Paesi europei. Per bambini che
frequentano i servizi per l'infanzia - di cui gli asili nido
rappresentano quello più diffuso - ci collochiamo nella parte bassa
della classifica. "Danimarca, Svezia e Islanda si contraddistinguono
per il più alto tasso di diffusione dei servizi: oltre il 50 per
cento dei bambini di età inferiore ai tre anni. Seguiti da
Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e
Portogallo (con valori tra il 50 e il 25 per cento)". L'Italia si
colloca tra quanti - Lituania, Spagna, Irlanda, Austria, Ungheria e
Germania - riescono a coprire percentuali del fabbisogno che variano
tra il 10 e il 25 per cento. Solo Polonia e Repubblica Ceca sono
sotto il 3 per cento.
LE DIFFERENZE TERRITORIALI.
In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, la percentuale di bambini
(fino a 2 anni) che fruivano nel 2012 dei servizi per l'infanzia era
del 13,5 per cento. Ma ci sono differenze territoriali enormi. Le
regioni del Nord-est riescono a coprire quasi il 20 per cento delle
necessità avvicinandosi a quel 33 auspicato dall'Europa per
contrastare la dispersione scolastica.
Gli studi più recenti spiegano che i bambini che frequentano la
scuola materna e l'asilo-nido per tre anni hanno meno probabilità di
abbandonare gli studi precocemente. In Italia il vero problema è al
Sud, dove Comuni e privati riescono a offrire servizi per la
primissima infanzia solo a 5 su cento. La regione più virtuosa è
l'Emilia Romagna che nel 2012 vantava il 27,3 per cento di
copertura, quella con meno servizi per l'infanzia è la Calabria (2,1
per cento), seguita dalla Campania (2,7).
I NUMERI E LE POLEMICHE.
In Italia, nel 2012, i bambini con meno di due anni erano un
milione e 618mila circa. Di questi, 153mila risultavano iscritti ai
nidi comunali e altri 46mila a quelli privati convenzionati. Altri
20mila bimbi circa hanno invece utilizzato i servizi integrativi. In
totale 219mila piccoli che rappresentano il 13,5 per cento degli
aventi diritto. Insomma, per arrivare al 33 per cento "europeo"
occorre trovare posto ad altri 318mila bambini. Ma ogni asilo nido,
secondo le linee guida della regione Piemonte per esempio, può
ospitare al massimo 75 bambini. Quindi i mille asili di Renzi
potranno ospitare al massimo 75mila bambini che rappresenterebbero
solo il 4,6 per cento, da sommare al 13,5 attuale.
"L'intenzione del governo è buona - commenta Francesco Scrima, Cisl
scuola - ma non basta. E bisogna tenere conto delle difficoltà
economiche dei Comuni".
I COSTI DEI COMUNI. Già,
perché i Comuni, direttamente o indirettamente hanno speso, nel
2012, un miliardo e 259 milioni di
euro per gli asili-nido. Senza contare le rette versate ogni anno
dai genitori, pari a 300 milioni circa. Secondo Cittadinanzattiva,
la spesa media mensile è pari a 302 euro (114 in Calabria e 403 in
Lombardia) per famiglia. Ma quando i Comuni affidano a terzi la
gestione del servizio risparmiano parecchio: da 8.923 euro all'anno
per ogni bambino, a 4.239 euro. E se "compra" dei posti riservati in
strutture private la spesa annua scende ancora: 2.794 euro l'anno.