Se non si licenzia non c’è merito

Pasquale Almirante, La Tecnica della Scuola 12.9.2014

Nella valutazione delle carriere degli insegnanti, si valuterà il merito, basato sui giudizi dei superiori ma anche su quelli dei colleghi, degli allievi e delle famiglie. E se la premialità non premia, perché non si licenzia, come avviene nel privato?

La summa di tutti questi giudizi: dei superiori, colleghi, allievi e famiglie concorrerebbero, nella misura dei due terzi, a formare l'entità del bonus stipendiale triennale, un vero e proprio scatto di stipendio, che i professori potranno intascare, se “bravi”. Questo in sintesi il meccanismo di premialità illustrato dalla ministra Giannini a Verona, nel corso dell’incontro con il settimanale Panorama.

Però c'è un punto, fa riflettere Italia Oggi, sul quale il tabù del dipendente statale iperprotetto resta inscalfibile: l'intoccabilità dei dirigenti.

Mentre nel settore privato i dirigenti inefficienti o che perdono la fiducia possono essere licenziati, nel settore pubblico ciò non accade e se accadesse, scrive Italia Oggi, il Tar riporterebbe tutto come prima, con grande gioia perfino del preside più scansafatiche.

“Con l'aggravante che se il reintegro nel ruolo o nel posto comporta il risarcimento di un danno, chi aveva disposto il licenziamento rischia di rispondere di tasca propria”.

Per Italia Oggi invece, la “licenziabilità dei dirigenti nella pubblica amministrazione occorrerebbe introdurla, cambiando le regole, più oggi che domani”.

“Altrimenti la meritocrazia resterà una finta. E quanto alla scuola sarebbe giusto chiarire che non sono dirigenti solo i presidi, ma anche i professori, nelle loro classi del tutto autonomi da qualunque potestà esterna. La Costituzione tutela e garantisce l'eguaglianza tra i cittadini, si allarghi subito anche al pubblico impiego la licenziabilità dei capi prevista nel privato”.