La Fornero d’accordo sui millegiorni di Renzi

  Pensioni blog, 4.9.2014

Il giorno dopo la conferenza stampa del governo sul programma dei mille giorni, fa discutere la possibile riforma del lavoro. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi rivendica i risultati “immediati” e “concreti” del decreto Poletti e rilancia sulla delega, il cosiddetto Jobs Act, ora all’esame del Senato. Un disegno di legge che, sottolinea il premier, “speriamo di poter approvare il prima possibile, ragionevolmente entro l’anno”. Il modello? “La Germania”!

E lodi giungono da parte di Elsa Fornero. Durante il suo mandato, la Fornero non ha certo riscosso ‘successo’, creando un grosso caos soprattutto per ciò che riguarda la faccenda degli esodati, ma oggi dichiara che anche il suo obiettivo era il modello tedesco.

L’ex ministro del Welfare del governo Monti torna, dunque, a parlare ancora una volta della sua riforma del lavoro: “Era il nostro obiettivo il traguardo al quale volevamo arrivare perché la Germania, in termini di occupazione, rappresentava e rappresenta in parte anche ora una delle migliori pratiche in Europa”. La Fornero poi parla del governo Monti e del flop subìto, che l’ex ministro imputa all’impazienza degli italiani: “Le riforme richiedono sacrifici nell’immediato con la ragionevole speranza che nel breve termine ci siano risultati a beneficio della società”.

Ma non tutto le va bene; Infatti, l’ex ministro vede nel jobs act anche “aspetti contraddittori”, che necessitano di “una sintesi più equilibrata”. La Fornero critica per esempio la “scelta molto radicale di liberalizzare al massimo il contratto a tempo determinato: Oggi gli imprenditori possono ricorrere a questo contratto a proprio piacimento e se si fa la scelta di favorire al massimo il tempo determinato, non si può affermare la superiorità del contratto a tempo indeterminato, anche se a tutele crescenti.

Infine parere concorde con Renzi sull’esistenza di troppi “frenatori” sul versante riforme: “Io l’ho capito da ministro, le riforme le interpretiamo ancora come un fatto taumaturgico che arriva dall’esterno: il governo impacchetta la riforma, il Parlamento l’approva e tutti stiamo subito meglio”.