Con le commissioni interne alla maturità di Giorgio Allulli, Il Sole 24 Ore 7.10.2014
Mentre prende finalmente il via il Sistema nazionale di valutazione,
il ministro Giannini annuncia l'intenzione di abolire le commissioni
esterne agli esami di maturità, e di ritornare alle commissioni
interne di infausta memoria. È veramente un paradosso: che senso ha
emanare una direttiva che prevede la valutazione esterna delle
scuole, quando nel merito della preparazione degli alunni si torna
alla totale auto-referenzialità dei Consigli di classe? In Francia i commissari degli esami di Baccalaureat (l'esame finale del liceo) sono esterni alla scuola e nominati direttamente dal Recteur d'Academie (l'equivalente del nostro Ufficio scolastico regionale).
In Inghilterra l'esame finale del ciclo secondario superiore (GCE A
level) si basa su prove scritte preparate da examining boards
indipendenti. La somministrazione e la correzione delle prove sono
“moderate” dagli ispettori dei boards, i quali controllano a
campione la correzione dei test, correggono direttamente tutte le
prove se i criteri utilizzati non sono soddisfacenti, assistono alla
somministrazione delle prove od alla parte dell'esame che si svolge
oralmente, oppure delegano il capo d'istituto. Qualcuno giustifica l'introduzione delle commissioni interne con la considerazione che attualmente l'1% degli studenti viene bocciato; è come dire che i controlli sul rispetto dei limiti di velocità sono inutili perché solo l'1% va troppo veloce: proviamo a togliere gli autovelox e vediamo che cosa succede. Le commissioni esterne costituiscono un fondamentale elemento di regolazione del sistema, in quanto gli insegnanti sanno che alla fine dei cinque anni di corso i loro studenti saranno valutati da altri docenti; la presenza della valutazione esterna, anche se nei fatti risulta largamente positiva, obbliga gli insegnanti a tenere adeguati i loro standard. Né può bastare la semplice presenza del presidente esterno a garantire la serietà di tutto il processo: la precedente esperienza morattiana ha ampiamente dimostrato l'insufficienza di una sola figura di garanzia rispetto a commissioni fermamente intenzionate a dimostrare la buona preparazione dei loro alunni (e dunque la bontà del loro lavoro). Gli esami di maturità possono (e devono) essere organizzati meglio, e nessuno nega i loro limiti: sappiamo ad esempio che i criteri di giudizio delle commissioni d'esame sono molto difformi tra le diverse aree del Paese, e questo influisce sulla credibilità dei voti finali, ma la soluzione a questo problema va nel senso esattamente opposto a quello indicato dal ministro Giannini, perché se ci si affida a commissioni solo interne ci si potrà scordare qualunque principio di uniformità della valutazione; al contrario l'esternalità della valutazione andrebbe rafforzata, anche con l'impiego di commissari interregionali, e integrata con l'uso di strumenti oggettivi, come accade negli altri Paesi, per ridare credibilità all'esame e proporlo come fondamentale elemento di riferimento per l'accesso all'università e al mercato del lavoro. Queste considerazioni non sono un atto di sfiducia verso i docenti, i quali sono sicuramente in grado di valutare i loro studenti rispetto all'attività svolta in classe; ma quando si attribuisce una certificazione, come avviene negli esami di Stato, attraverso la valutazione degli studenti si valuta anche il lavoro dell'insegnante; se è lo stesso insegnante a giudicare i suoi studenti, finisce dunque per valutare se stesso. Non a caso tutti i sistemi di certificazione prevedono, come regola fondamentale, che la certificazione venga effettuata da soggetti terzi; se si abolisce questo passaggio possiamo dire addio a qualunque discorso credibile sulla qualità della scuola italiana, con buona pace del Sistema nazionale di valutazione. |