DA SETTEMBRE LANCIATA LA CAMPAGNA #SBLOCCACONTRATTO

I sindacati: 300mila firme a Renzi «Rinnovi il contratto della scuola»

Portati a Palazzo Chigi gli scatoloni con le firme di migliaia di docenti e dirigenti e personale Ata di tutta Italia. «Ci ascolti o la scuola scenderà in piazza»

di Claudia Voltattorni, Il Corriere della Sera scuola 30.10.2014

Hanno portato da piazza Monte Citorio a Palazzo Chigi decine di scatoloni. Tutti i leader dei sindacati della scuola in processione verso l’ufficio posta della presidenza del Consiglio per consegnare a Matteo Renzi le quasi 300mila firme («ma stiamo andando verso le 400mila») di altrettanti professori, professoresse, maestri e maestre, presidi, personale Ata d’Italia che dallo scorso settembre hanno partecipato alla campagna #sbloccacontratto lanciata dai sindacati per far partire i negoziati per il nuovo contratto del mondo della scuola, scaduto ormai da 7 anni.

«Siamo insegnanti, non sudditi»
Ma la protesta di giovedì mattina con schierati davanti alla Camera i leader di Flc Cigl Domenico Pantaleo, Cisl Scuola Francesco Scrima, Uil Scuola Massimo di Menna, Gilda Unams Rino Di Meglio, e Snals Confsal Achille Massenti, è servita anche per dire che «la Buona Scuola del governo Renzi non può trattare i professori come dei sudditi», che «il blocco degli scatti di anzianità e degli aumenti fino al 2019 annunciato dalla “Buona Scuola” sono una cosa ingiusta, un’ulteriore penalizzazione per chi ogni giorno entra nelle scuole e si occupa dei nostri ragazzi, il futuro del Paese» e che «il rinnovo di un contratto ormai scaduto da anni è un modo per rispettare la professionalità e il lavoro di quasi un milione di persone». Secondo Scrima della Cisl, «la proposta del Governo ci vuole far arretrare di almeno 40 anni» e ribadisce che le firme raccolte «non sono tweet ma firme di persone reali».

Firme da Renzi e poi sciopero generale
Così gli scatoloni pieni di firme sono arrivati all’ufficio posta di Palazzo Chigi. Il premier ha accettato di riceverle. E ora? Domenico Pantaleo della Cgil spiega: «Queste firme ci dicono: noi vogliamo contare, non essere solo dei numeri», perché ai professori italiani «vanno riconosciute dignità e professionalità» e invece «bloccare gli scatti di anzianità e gli stipendi fino al 2019 - aggiunge Di Menna (Uil) - è un modo per fare uno sgarbo a tutti quelli che ogni giorno nella scuola ci lavorano». La prima protesta ci sarà l’8 novembre, giornata in cui i lavoratori del pubblico impiego scenderanno in piazza a Roma. «E poi se non sarà sufficiente - continua Pantaleo - potremo pensare ad uno sciopero generale della scuola».

Giannini: raccolta firme strumento del passato
Il 23 novembre prossimo a Firenze intanto il Gilda porterà in piazza tutti i suoi iscritti. E il coordinatore Rino Di Meglio replica al ministro Stefania Giannini che ha definito la raccolta firme «un po’ come il corteo, uno strumento importante e legittimo, ma anche molto legato a una visione passata dei rapporti di forze»: «Il ministro sbaglia, il nostro obiettivo non è il muro contro muro, ma dare concretamente voce al mondo della scuola e chiedere che chi lavora nella scuola venga realmente ascoltato: c’è totale assenza di dialogo invece, nonostante il ministro continui da luglio a dichiarare di volerci incontrare, ma poi tutto tace». Pantaleo (Cgil) chiede al ministro «più rispetto delle persone» e «di prestare maggiore attenzione al mondo del lavoro e non ascoltare soltanto Marchionne e le imprese». Infine Scrima (Cisl) aggiunge: «Se la raccolta di firme è uno strumento che ha fatto il suo tempo, cosa dobbiamo usare Twitter o i social network?».