Hanno portato da piazza Monte Citorio a Palazzo Chigi decine di scatoloni. Tutti i leader dei sindacati della scuola in processione verso l’ufficio posta della presidenza del Consiglio per consegnare a Matteo Renzi le quasi 300mila firme («ma stiamo andando verso le 400mila») di altrettanti professori, professoresse, maestri e maestre, presidi, personale Ata d’Italia che dallo scorso settembre hanno partecipato alla campagna #sbloccacontratto lanciata dai sindacati per far partire i negoziati per il nuovo contratto del mondo della scuola, scaduto ormai da 7 anni.
«Siamo insegnanti, non sudditi»
Ma la protesta di giovedì mattina con schierati davanti alla Camera
i leader di Flc Cigl Domenico Pantaleo, Cisl Scuola Francesco Scrima,
Uil Scuola Massimo di Menna, Gilda Unams
Rino Di Meglio, e Snals Confsal Achille Massenti, è
servita anche per dire che «la Buona Scuola del governo Renzi non
può trattare i professori come dei sudditi», che «il blocco degli
scatti di anzianità e degli aumenti fino al 2019 annunciato dalla
“Buona Scuola” sono una cosa ingiusta, un’ulteriore penalizzazione
per chi ogni giorno entra nelle scuole e si occupa dei nostri
ragazzi, il futuro del Paese» e che «il rinnovo di un contratto
ormai scaduto da anni è un modo per rispettare la professionalità e
il lavoro di quasi un milione di persone». Secondo Scrima della
Cisl, «la proposta del Governo ci vuole far arretrare di almeno 40
anni» e ribadisce che le firme raccolte «non sono tweet ma firme di
persone reali».
Firme da Renzi e poi sciopero generale
Così gli scatoloni pieni di firme sono arrivati all’ufficio posta di
Palazzo Chigi. Il premier ha accettato di riceverle. E ora? Domenico
Pantaleo della Cgil spiega: «Queste firme ci dicono: noi vogliamo
contare, non essere solo dei numeri», perché ai professori italiani
«vanno riconosciute dignità e professionalità» e invece «bloccare
gli scatti di anzianità e gli stipendi fino al 2019 - aggiunge Di
Menna (Uil) - è un modo per fare uno sgarbo a tutti quelli che ogni
giorno nella scuola ci lavorano». La prima protesta ci sarà l’8
novembre, giornata in cui i lavoratori del pubblico impiego
scenderanno in piazza a Roma. «E poi se non sarà sufficiente -
continua Pantaleo - potremo pensare ad uno sciopero generale della
scuola».
Giannini: raccolta firme strumento del
passato
Il 23 novembre prossimo a Firenze intanto il
Gilda porterà in piazza tutti i suoi iscritti. E il
coordinatore Rino
Di
Meglio replica al
ministro Stefania Giannini che ha definito la raccolta firme «un po’
come il corteo, uno strumento importante e legittimo, ma anche molto
legato a una visione passata dei rapporti di forze»: «Il ministro
sbaglia, il nostro obiettivo non è il muro contro muro, ma dare
concretamente voce al mondo della scuola e chiedere che chi lavora
nella scuola venga realmente ascoltato: c’è totale assenza di
dialogo invece, nonostante il ministro continui da luglio a
dichiarare di volerci incontrare, ma poi tutto tace». Pantaleo
(Cgil) chiede al ministro «più rispetto delle persone» e «di
prestare maggiore attenzione al mondo del lavoro e non ascoltare
soltanto Marchionne e le imprese». Infine Scrima (Cisl) aggiunge:
«Se la raccolta di firme è uno strumento che ha fatto il suo tempo,
cosa dobbiamo usare Twitter o i social network?».