Riforma della scuola: di Marina Boscaino, Il Fatto Quotidiano 5.10.2014 È normale che in un Paese democratico una riforma della scuola – che poi non è altro, in realtà, che un tentativo di revisione dello status giuridico dei docenti, sottratto capziosamente al contratto – possa essere annunciata da un video del premier, convogliata tramite un Pdf, pubblicizzata nei siti istituzionali e tramite enormi spazi concessi dai media compiacenti alle continue dichiarazioni trionfalistiche (praticamente tutti, tranne quello che mi ospita e pochissimi altri), celebrata in convegni e presunte giornate di “ascolto” modello sovietico (me la canto e me la suono, come capitò in marzo); pare – a breve – accompagnata da una vera e propria campagna pubblicitaria, e – soprattutto – verificata attraverso un sondaggio on line e non attraverso la consultazione dei soggetti in carne ed ossa, nei luoghi istituzionali deputati a questo tipo di esercizio delle democrazia o nelle piazze? Un sondaggio che individua attraverso le proprie domande un’idea di implicita condivisione di quel documento, lasciando quasi alcuno spazio alla critica e a proposte alternative? Commissionato ad una società – Cineca – che ha gestito per il Miur procedure concorsuali dell’ultimo periodo, il Tfa (con i risultati che sappiamo) e pertanto non indifferente agli esiti del sondaggio stesso? Mentre attendiamo le strabilianti cifre che il Pd e il governo faranno certamente emergere dalla rilevazione dopo il 15 novembre – data stabilita per la chiusura delle “consultazioni” (sic!) – Puglisi, responsabile scuola di quel partito, ha affermato con la consueta misura: “Il Governo Renzi sta dando vita alla più grande operazione di ascolto della società italiana sull’educazione e l’istruzione. Lo dimostrano i 180.000 contatti ricevuti dal sito La buona scuola. Il Pd non si limiterà però solo ai contatti virtuali e i nostri circoli e i Giovani Democratici incontreranno in ogni piccolo comune e in ogni città, scuola per scuola, casa per casa, gli studenti, le famiglie, il personale scolastico, le imprese e tutti coloro che vogliono scrivere insieme la più bella pagina di cambiamento del Paese”; mentre intanto Vincenzo Pascuzzi conteggia le cifre del “sondaggio”, vi pongo un’altra domanda. È normale che esista in questo stesso Paese un progetto di legge di riforma della scuola, presentato alla Camera e al Senato da parlamentari provenienti dai più diversi schieramenti politici, frutto di una scrittura collettiva di cittadini (docenti, genitori, studenti, Ata, e certamente anche qualcuno di quei nonni cui Renzi ammicca continuamente); che ha raccolto 100mila firme; elaborato nel 2006 come legge di iniziativa popolare; che ora – appunto – è sostenuto (in forma di disegno di legge) alla Camera e al Senato da esponenti di partiti diversi e di cui pochissimi – rispetto a quanti sono raggiunti dalla fanfara mediatica renziana – sono a conoscenza? In altre parole: è possibile che alle procedure democratiche costituzionalmente determinate per la presentazione di un percorso vengano preferite e favorite (senza passaggio dal Consiglio dei ministri; senza parere sulle previsioni di spesa) tweet e merchandising mediatico del “nuovo che avanza” seppellendo diritti e condivisione concreta: insomma democrazia? Il 2 ottobre in Senato: conferenza stampa per illustrare la riproposizione della Legge di Iniziativa Popolare “Per una buona Scuola per la Repubblica”. Erano presenti, tra chi ha sostenuto la presentazione della Lip al Senato e alla Camera, Maria Mussini, componente del Gruppo Misto, Alessia Petraglia (Sel), Michela Montevecchi (M5S), Sergio Lo Giudice (Pd), e il Comitato di Ripresentazione della Lip. Presenti anche rappresentanti di varie associazioni e coordinamenti per la Scuola Pubblica (quella che il piano Renzi ha ormai definitivamente indicato come scuola statale e paritaria, sic!), dell’Unione degli Studenti, il responsabile scuola Prc, i segretari nazionali di Flc, Gilda, Unicobas e un rappresentante del Sindacato è un’altra cosa. Tutti concordi nel sottolineare in particolare la sintonia con il dettato costituzionale della Lip in opposizione al modello aziendalista contenuto nella proposta di Renzi: la nostra Buona Scuola della Repubblica ha per compito la formazione dei giovani sulla base dei principi costituzionali, fondamento della Repubblica italiana. E’ stato ribadito dai senatori presenti l’impegno a impedire che il ddl – ora iscritto sia al Senato che alla Camera- faccia la fine delle numerose pdl, trasformate in ddl, ma rimaste a giacere nei cassetti delle Commissioni. Noi del Comitato per la Riproposizione della Lip abbiamo un lavoro immenso da fare, considerando la disparità delle forze in campo. È per questo che chiediamo a tutti coloro che abbiano a cuore non solo la scuola della Costituzione, ma il rispetto delle procedure democratiche, in un Paese che per il momento sembra averle smarrite, di aiutarci a diffondere il disegno di legge; proponiamo non solo a chi abbia intenzione di partecipare al sondaggio di usare gli spazi bianchi per richiamare la Lip, ma anche di stampare i contenuti del ddl, il confronto tra la Lip e il progetto di Renzi e affiggerli nelle sale docenti e nelle bacheche sindacali. Di non rinunciare – discutendo nei collegi e nelle assemblee sul Piano Renzi, con i genitori e i ragazzi – a far luce su questa opportunità alternativa che, se è vero che sente il peso del mondo altro in cui è stata concepita (epoca Moratti, poi ci sono stati Fioroni, Gelmini, Profumo e Carrozza) rappresenta senza dubbio un punto di partenza straordinario. Se l’iter parlamentare farà il suo corso, gli emendamenti saneranno il gap storico. Ma la garanzia del rispetto della Carta è la nostra stella polare. |