Alla scuola servono più meritocrazia
e nuove competenze

di Marco Magnani, Il Sole 24 Ore 5.10.2014

Per invertire la tendenza negativa della scuola americana, l'Amministrazione Obama ha inviato alcuni esperti a studiare il modello di Singapore. Gli studenti della città-Stato asiatica, infatti, sono da anni ai vertici dei test di valutazione internazionale PISA, curati dall'Ocse, che misurano la preparazione di oltre mezzo milione di 15enni in 65 paesi.
Gli Stati Uniti possono vantare le migliori università del mondo ma offrono, salvo qualche eccezione, un'educazione secondaria mediocre.

Anche i privati avvertono la gravità del problema. Il fenomeno crescente delle tiger mom, le madri che seguono con un certo autoritarismo l'educazione dei propri figli, suscita polemiche ma rappresenta una reazione delle famiglie alla debolezza della scuola, ormai considerata negli Stati Uniti un'emergenza al pari di Aids e malaria nei paesi africani. La Gates Foundation, la più grande fondazione del mondo con un patrimonio di 38 miliardi di dollari, ha aggiunto alle due originarie aree di intervento - ricerca medica e miglioramento della condizioni di vita nel terzo mondo - il sistema scolastico americano.
Anche in Italia si torna a parlare di scuola. Il governo ha annunciato una riforma (che suscita qualche perplessità). Confindustria presenterà la propria proposta il 7 ottobre. La scuola ritrova, quantomeno nel dibattito pubblico, il ruolo che le compete. Mi preme sottolineare due priorità.
Il merito. Ristabilire la meritocrazia nella scuola (e nella società) è fondamentale: tra gli studenti, ma ancor più tra gli insegnanti. Una valutazione dei docenti oggettiva e trasparente, e non gestita sostanzialmente dai sindacati, consentirebbe di premiare i bravi e ridimensionare i meno bravi. E le retribuzioni dovrebbero rifletterne in modo diretto i risultati. La valutazione dovrebbe anche tenere conto degli studenti, in un certo senso i clienti del sistema scuola, misurandone la performance e la crescita sotto la guida di un determinato insegnante. E anche chiedendo la loro opinione sulla qualità dell'insegnamento. A Singapore la valutazione di un docente è influenzata anche dai voti e dallo sviluppo della personalità dei suoi studenti. Gli insegnanti migliori ricevono un bonus pari a tre mesi di stipendio, i più "deboli" devono intraprendere un percorso di mentoring svolto dai colleghi più esperti.

Le competenze. La scuola ha sete di competenze specifiche, soprattutto inglese, materie scientifiche, formazione professionale, informatica. L'intenzione del governo di assumere 150mila precari può essere utile sul piano dell'occupazione e del consenso ma, oltre a pesare sul bilancio pubblico, non risponde alle reali necessità della scuola. I precari sono iscritti nelle Gae, le "graduatorie ad esaurimento". Le loro competenze riflettono le esigenze della scuola del passato, non di quella del futuro. Come osserva Andrea Ichino, quelle graduatorie offrono molto francese e molta steno-dattilografia, mentre la scuola domanda soprattutto inglese e informatica. E l'età media dei precari, superiore a 40 anni, non facilita la loro riconversione.
La scuola è una priorità, ma non va confusa con l'emergenza lavoro. Perché, allora, non limitare le assunzioni alle competenze effettivamente necessarie? Se il timore sono i ricorsi al Tar degli esclusi, si potrebbero regolarizzare i precari già utilizzati nelle supplenze, cioè nelle materie per le quali esiste una reale domanda, oppure fare concorsi mirati.
Per rilanciare la scuola occorre tornare a valorizzare il merito, tra gli studenti ma anche tra gli insegnanti. Le cui retribuzioni devono essere sempre meno legate all'anzianità di servizio. Con le scarse risorse disponibili bisogna acquisire le competenze necessarie alla scuola di oggi (non a quella di ieri). Se agiamo per tempo eviteremo di dover andare a studiare il modello educativo di Singapore.

L'autore è Senior Research Fellow alla Harvard Kennedy School of Government