La ricetta di Confindustria per l’education:
meno materie, più valutazione e merito

di Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore 8.10.2014

Rafforzamento della didattica per competenze e laboratoriale. Riduzione del numero di materie, e diffusione dell'insegnamento in lingua straniera di discipline curriculari già alle scuole primarie. Chiamata diretta dei docenti. Più collegamento con il mondo del lavoro (anche incentivando programmi di «Erasmus in azienda» e percorsi di laurea in apprendistato). Avvio di un rigoroso sistema di valutazione di istituti e personale scolastico, legando le carriere dei professori al merito e rimodulando l'accesso all'insegnamento.
Confindustria ha messo nero su bianco 100 proposte per rilanciare scuola, università e formazione. Un pacchetto di misure articolato, e dettaglio, perché la questione dell'education, ha ricordato il numero uno degli industriali, Giorgio Squinzi, è di «assoluta e urgente importanza per la modernizzazione strutturale del Paese e per le sue possibilità di riprendere a crescere in modo virtuoso».

Le proposte delle aziende

Le imprese (che non sono il diavolo) spingono per un cambio di passo sull'istruzione, «una scossa educativa», ha sintetizzato il vice presidente di Confindustria, Ivan Lo Bello, aprendo ieri all'università Luiss di Roma la «Prima giornata dell'Education» alla presenza del ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini.
Del resto, passano gli anni (e i governi) ma i ritardi del nostro sistema educativo sono sempre gli stessi: l'autonomia scolastica è, nei fatti, lettera morta; gli studenti sono poco orientati (e formati) per il lavoro; c'è poca cultura del merito e della valutazione; sono sempre meno gli iscritti all'università, c'è un alto tasso di abbandono, e il bilancio del Miur è quasi interamente dedicato al pagamento di stipendi (e ciò non lascia spazio a investimenti in didattica e ricerca). Di qui, ha incalzato Confindustria, bisogna affidare maggiori poteri e autonomia a presidi e atenei. Va ridotta di un anno la durata del curriculum scolastico (da 13 a 12 anni) e almeno il 25% dei corsi universitari vanno erogati in lingua inglese.

Gli obiettivi complessivi

Il punto è migliorare la didattica e «declinare l'innovazione nel mondo dell'Education perché questa è la strada per una maggiore competitività», ha spiegato il presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca. La sfida è quindi una maggiore contaminazione con il mondo delle imprese, rendendo obbligatoria l'alternanza negli istituti tecnici (il progetto del Governo va in questa direzione raddoppiando le ore di formazione on the job da circa 90 a 200 ore l'anno). Una scelta che va concretizzata. « Perché fino a pochi anni fa le aziende cercavano competenze standard – ha detto il presidente di Federmeccanica, Fabio Storchi –. Oggi invece c'è bisogno di specializzazione e per questo è fondamentale il dialogo tra scuole e imprese».