“È necessario poter licenziare
gli insegnanti che non lavorano”
Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini,
contestata dagli studenti, lancia la sfida: “È giusto punire chi non
sa fare il proprio mestiere”
di Corrado Zunino,
la Repubblica
scuola
19.10.2014
Il tour palermitano del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini,
ieri, dalle undici di mattina alle sette di sera, ha registrato
nell’ordine: un incontro con i dirigenti scolastici di Palermo al
liceo Regina Margherita, una contestazione di cinquanta studenti
medi all’esterno della scuola sfociata in uno sfondamento delle
forze dell’ordine (due contusi e un fermo), una nuova contestazione
fuori dal Teatro Al Massimo quando, alle 15,30, è iniziato il
dibattito “Se mille giorni bastano. La scuola nuova” (il ministro,
abito fiorato, tacco alto, è entrata da un ingresso secondario),
quindi un assedio di domande extra-time da parte di docenti in
ruolo, docenti precari e studenti e una rapida uscita del ministro
che ha nuovamente evitato la piazza (i contestatori, a loro volta,
avevano detto no all’ingresso di una delegazione in teatro: «O tutti
dentro o tutti fuori»).
L’incontro alla Repubblica delle Idee si è aperto con la
presentazione da parte di Ilvo Diamanti del sondaggio Demos-Coop che
ha illustrato come la scuola sia l’unica istituzione ad aver tenuto
in un deserto di macerie pubbliche e come il 44 per cento
(maggioranza relativa) sia convinta che grazie alla proposta del
governo l’intero sistema migliorerà: «Tutti ci attendiamo che la
riforma venga attuata », ha detto Diamanti. La scrittrice, e preside
a Vicenza, Mariapia Veladiano nel suo intervento ha detto che, sì,
«non sempre le assunzioni di insegnanti hanno corrisposto a criteri
di qualità: per funzionare la scuola deve prevedere la possibilità
di licenziare».
Ministro, partiamo da qui: gli istituti scolastici devono avere la
possibilità di licenziare i docenti inadatti?
«Dobbiamo entrare in un nuovo modello di istruzione che,
innanzitutto, dia certezza e stabilità agli insegnanti precari, poi
li avvii a una formazione permanente, quindi alla possibilità di
essere valutati. La nuova scuola dovrà offrire incentivi a chi
merita e si impegna e alla fine, certo, dovrà occuparsi con rigore e
severità di chi non fa bene il suo mestiere. Oggi la scuola è troppo
sindacalizzata. È sana, ma ha bisogno di irrobustirsi ».
Come procede la consultazione sul progetto di riforma del governo:
docenti e studenti leggono davvero quelle 126 pagine?
«A ieri mezzo milione di persone, statisticamente tante, hanno
passato almeno cinque minuti a sfogliare il rapporto, e cinque
minuti su internet sono un’eternità. La metà, 250 mila, ha fatto
anche un ripasso. Chi non ha letto il rapporto ha comunque compreso
che abbiamo toccato due o tre nodi cruciali: i 148mila docenti che
restano fuori ogni anno rendendo instabili le classi e loro vite e
che noi assumeremo, l’introduzione del merito nella carriera degli
insegnanti, l’alternanza scuola-lavoro ».
Sette Land tedeschi hanno annunciato università gratis per tutti.
L’Italia, che subisce le politiche economiche dettate dalla
Germania, rischia di chiudere le sue università o le costringe ad
alzare le tasse.
«Dobbiamo colmare le distanze con il tempo, con i progetti. Intanto
nella legge di stabilità abbiamo blindato 150 milioni per il Fondo
di finanziamento degli atenei. Ora dobbiamo occuparci del welfare
per gli studenti. Il numero dei laureati da noi è raddoppiato nel
corso di una generazione, ma resta basso, il 18 per cento. Al Sud si
registra un calo degli iscritti, però molti atenei sfornano
eccellenze richieste in tutto il mondo ».
Servono mille giorni per cambiare verso all’università e alla
scuola?
«Nei primi centottanta abbiamo fatto cambiamenti minimi normativi,
questo è un bene, e atti concreti visibili. Per gli investimenti ora
c’è un miliardo fresco, più altri due per la prossima stagione.
Negli ultimi venti anni non si erano mai visti finanziamenti così».
Il vostro progetto, come ha ricordato uno studente in platea, apre
alla scuola azienda.
«Vogliamo che i privati investano nei progetti educativi, non che li
controllino. Dobbiamo saldare formazione, professione e
qualificazione delle competenze. L’anno scorso 65mila posti di
lavoro non sono stati occupati perché mancavano le competenze».
Spingete sulla scuola digitale, ma il processo è lontano.
«La digitalizzazione riguarda solo il 32 per cento degli istituti, è
necessario investire qui i risparmi che stiamo facendo e che faremo
con la fine delle supplenze».