Legare la cittadinanza all’istruzione è un passaggio essenziale. Ne è convinta il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. E non da oggi. La titolare del dicastero di viale Trastevere ha affrontato la questione - tornata alla ribalta dopo che il premier Renzi, nei giorni scorsi, ha espresso l’intenzione di introdurre in Italia uno «ius soli temperato», ovvero un diritto cittadinanza che «arriva prima dei 18 anni a condizione che si sia frequentato un ciclo scolastico» - in occasione degli Stati Generali della Lingua Italiana a Firenze. Iniziativa, quest’ultima voluta dal ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con i ministeri dell’Istruzione e dei Beni culturali. «Ho parlato diversi anni fa di ius soli et culturae. È dunque un tema che non solo condivido ma che ritengo fondamentale per poter far sì che un giovane straniero nato in Italia o arrivato in tenera età, se compie un percorso di approfondimento, di conoscenza vera dell’identità culturale del Paese sia ritenuto, come è, un italiano a tutti gli effetti».
Fine ciclo
Un riconoscimento che riguarderebbe, in primo luogo, i 21.233
ragazzi con cittadinanza non italiana ma nati nel nostro paese che
completeranno il I ciclo scolastico con l’esame di terza media a
giugno del 2015. Poi i 25.940 che lo termineranno nel giugno del
2016. Il ministro ha infatti sposato le intenzioni del governo di
associare la cittadinanza dei bambini e ragazzi stranieri con
l’assolvimento del ciclo scolastico, almeno sino alla licenza media
per chi è nato in Italia e il diploma di maturità per chi è giunto
nella Penisola già adolescente.
«Bluff»
Una proposta che Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale
dell’Arci, definisce un «autentico bluff», che di fatto abbasserebbe
solamente di due anni l’età di accesso alla cittadinanza.
«Attualmente infatti chi nasce in Italia può presentare richiesta di
cittadinanza al compimento della maggiore età» (ma deve dimostrare
di essere stato in Italia “continuativamente”, mentre chi arriva
dopo la nascita deve attendere dieci anni, per fare richiesta, ndr).
Di fatto, quindi, «dalla nascita ai 16 anni i figli di immigrati
continuerebbero a essere considerati stranieri nel Paese dove sono
nati e cresciuti». Il vicepresidente dell’Arci ricorda inoltre che
in parlamento giace da anni una proposta di legge di iniziativa
popolare di riforma della cittadinanza che ha raccolto ben 200 mila
firme grazie alla campagna «L’Italia sono anch’io». Una proposta di
legge per cui lo ius soli è condizionato soltanto alla residenza di
uno dei genitori da almeno un anno.
Il 10%
In un’anticipazione del rapporto sulla presenza di alunni figli di
migranti nelle nostre classi - i dati definitivi verranno resi noti
nel mese di marzo - pubblicata sul sito del ministero, si legge che
sono 442.348 e 182.519, rispettivamente, gli iscritti al I e II
ciclo. Allargando lo sguardo a tutta la popolazione scolastica non
italiana, inclusi i bambini che frequentano le scuole dell’infanzia,
il numero complessivo sale a 850mila circa: quasi il 10% del totale.
La lingua italiana per l’integrazione
Per tutti loro, «l’italiano deve diventare strumento di inclusione e
integrazione». Come, lo si vedrà presto. Il ministro, intanto, ha
annunciato - dopo un incontro con i componenti dell’Osservatorio
nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per
l’intercultura, che è tornato a riunirsi dopo sette anni al Miur
venerdì scorso - che nel progetto di riforma La Buona Scuola verrà
inserito un capitolo ad hoc, il numero 13 dell’indice: un paragrafo
che disciplinerà il tema dell’integrazione scolastica degli alunni
con cittadinanza non italiana e che sarà dettato dall’Osservatorio.
Nel frattempo, Giannini ha dichiarato che «verrà predisposta una
classe di concorso specifica», per insegnanti di Italiano e che
«nella riforma del sistema scolastico saranno trovate risorse per la
formazione di docenti qualificati a insegnare la lingua italiana
come lingua seconda» perché «non basta essere italofoni per fare al
meglio questo mestiere, bisogna avere una preparazione ad hoc». E ha
aggiunto: «Da parte degli insegnanti c’è una richiesta di attenzione
a un tema su cui secondo me si gioca anche la credibilità di questa
proposta, cioè la formazione obbligatoria, continuativa, permanente
che dia la possibilità non solo di un miglioramento qualitativo
della propria preparazione, ma anche di un miglioramento
complessivamente qualitativo dell’offerta didattica. Da parte degli
studenti - ha continuato - ci sono richieste mirate che riguardano
gli spazi, la partecipazione. Mi sembra una richiesta più che
inseribile».
I concorsi
Sollecitato dall’associazione anche in merito alla questione del
reclutamento degli insegnanti e del personale amministrativo delle
scuole italiane, la titolare dell’Istruzione ha dichiarato che in
ottemperanza alla Legge europea del 2013 (la legge n.97 del 6 agosto
2013 in merito a «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi
derivanti dall’appartenenza all’Unione europea»), il Miur non
chiederà più il criterio della cittadinanza italiana nei bandi di
concorso.
L’Osservatorio
Quanto all’integrazione della Buona Scuola, l’Osservatorio elaborerà
le proprie proposte «in tempi brevissimi», fa sapere Vinicio Ongini,
esperto di multiculturalità del Miur. E sempre a giorni verrà
convocato un seminario nazionale al quale parteciperanno anche i
dirigenti delle scuole più multiculturali d’Italia.