Con la riforma per i presidi di Daniela Abbrunzo, Il Sole 24 Ore 7.10.2014
I presidi italiani diventeranno dei manager, almeno stando a quanto
riportato da #labuonascuola. Secondo il rapporto del Miur, i
dirigenti di oggi così presi dalla burocrazia («impegnati a
decodificare circolari ministeriali») non riuscirebbero a occuparsi
adeguatamente del coordinamento della progettazione educativa e del
“governo” del proprio istituto. Per restituire ai presidi, quindi,
un ruolo più attivo, la riforma prevede: l'introduzione di un
corso-concorso (per accedere alla professione) della Scuola
nazionale dell'amministrazione, la ridefinizione del profilo
professionale della “governance”, il rafforzamento della figura
dell'ispettore, un nuovo sistema di valutazione della dirigenza e un
ridisegno degli organi collegiali.
Una buona scuola ha bisogno di presidi ben selezionati:
professionisti che abbiano diretta esperienza di processi educativi,
ma anche competenze da manager. Per diventare preside bisognerà
superare l'esame (e frequentare il corso) della Scuola nazionale
dell'amministrazione, ossia l'istituzione che seleziona e forma i
manager statali. Le prove d'esame e le lezioni saranno modellate
sulla base non soltanto dell'esperienza dell'istituzione, ma
soprattutto dei dirigenti scolastici.
Potrà essere definito dirigente tecnico. A questa professione si
potrà accedere da dirigente scolastico, come sviluppo di carriera. Secondo il ridisegno, i nuovi organi collegiali della scuola dovrebbero essere quattro: il consiglio dell'istituzione scolastica, il dirigente scolastico, il nucleo dei docenti e il nucleo di valutazione. |