Esami, non compenso a prof

Pasquale Almirante, La Sicilia 19.10.2014

Ormai è certo perché è scritto nella Ddl di stabilità varato dal governo: il Miur, per risparmiare 147 milioni di euro, sovverte l'esame di stato, lasciando ai professori della stessa scuola di esaminare i propri alunni e senza neanche più pagarli. In pratica, da un esborso annuo di circa 180 milioni di euro si passa a 40 milioni, quelli cioè destinati per retribuire i soli presidenti esterni. Nel dettaglio, i commissari sono designati dai consigli di classe e nominati dal dirigente per assicurare le materie oggetto di prima e seconda prova scritta e bisognerà accertare le conoscenze delle lingue straniere, mentre l'Usr nominerà i presidenti scegliendo tra presidi, professori con almeno 10 anni di ruolo e docenti universitari.

I commissari interni non riceveranno alcun compenso, come avviene per gli esami di terza ella ex scuola media, pareggiando così un vecchio conto, e dando possibilità alle scuole private, e in modo particolare agli esperti fabbricatori di diplomi, di fare il comodo loro, compresa l'apertura ai candidati esterni che con un esamino d'ammissione possono partecipare all'esame finale di quinto anno. La "buona scuola" di Renzi diventa altro, mentre dobbiamo registrare l'inconcludenza di questo governo che avrebbe potuto rivoluzionare l'esame, implementando il rilascio di un certificato delle competenze già con lo scrutinio finale, ma con la precondizione di modificare l'art. 33, comma 4 della Costituzione: "È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole", e varando un "Quadro di riferimento" per verificare il livello di conoscenza per ciascuna materia, così come attualmente avviene col "Quadro comune europeo per le lingue straniere", che descrive e valuta le abilità conseguite da chi studia una lingua straniera europea. Si eliminerebbe il voto unico, le bocciature e quel certificato diventerebbe la carta d'identità del futuro universitario o lavoratore, mentre altri 40milioni rientrerebbero, venendo a mancare persino i presidenti. Un controllo più severo, come del resto è previsto dalla legge, si potrebbe prevedere per le scuole paritarie. La ministra Giannini e il suo governo però preferiscono la strada più semplice e più breve, senza rendersi conto (o se ne rendono, ma nicchiano) del danno che provocano alla scuola e nonostante associazioni professionali, sindacati, docenti, compreso un sondaggio della Tecnica della scuola votato da oltre 2000 docenti, gridino di lasciare la formula attuale per questa delicata fase di valutazione finale degli alunni.