La sfiducia e la crisi profonda degli insegnanti

Lucio Ficara, La Tecnica della Scuola 9.10.2014

Il lavoro dei docenti è un po' diverso da come molti lo descrivono. L'impegno è notevole e poco riconosciuto.

È un momento nero per la scuola italiana e per la professione docente, stiamo vivendo un’epoca in cui l’autorevolezza sociale degli insegnanti ha raggiunto livelli intollerabili.

Gli insegnanti sono stati definiti, da una certa politica, anche quella che non ti aspetti, come una corporazione di intoccabili che lavora poco e viene pagata anche troppo per il poco tempo che passa a scuola, come una categoria eccessivamente sindacalizzata e che gode di troppi privilegi contrattuali. In buona sostanza si tratta del mito popolare del professore che lavora solo per 18 ore settimanali, cinque giorni alla settimana e per non più di 200 giorni l’anno. L’insegnante intoccabile , che gode di tre mesi di ferie da metà giugno a metà settembre, il prof fannullone ed illicenziabile, che può essere sempre ammalato e palesemente impreparato, sono solo alcuni degli stereotipi, di quello che rappresenta oggi, per l’opinione pubblica italiana , questa delicatissima e importantissima professione.

Il paradigma di una classe insegnante non all’altezza delle sfide del mondo globale, di una scuola che sta cadendo a pezzi, così come accade per i suoi edifici, rappresentano i motivi principali della sfiducia e della crisi profonda degli insegnanti. Ma è veramente questa la realtà delle cose? Non è affatto così, la maschera carnevalesca con cui qualcuno vuole rappresentare questa professione è una maschera utile per smantellare i diritti contrattuali e tutto il sistema scolastico italiano. In questa maschera dell’insegnante della scuola pubblica italiana non si racconta la verità.

Non si dice che oltre le 18 ore di lavoro frontale in classe con gli studenti, ci sono 80 ore di attività collegiale, non si dice che ci sono ore di lavoro per preparare lezioni, verifiche e per correggere i compiti. Non si parla abbastanza, del molto tempo dedicato a tutti gli atti burocratici, come gli scrutini intermedi e finali, la regolare compilazione dei registri elettronici, il tempo dedicato per gli incontri scuola-famiglia, il tempo impiegato a redigere verbali, preparare programmazioni.

Sbaglia chi sostiene che il docente termina il suo lavoro con le quattro ore di lezione al giorno. Quando il prof torna a casa, sempre che non abbia da restare a scuola per attività pomeridiane, si mette a lavoro per preparare il materiale e le lezioni del giorno successivo, prepara verifiche, test da somministrare ai propri allievi. Dietro quattro ore di lavoro in classe ci sono almeno due ore di lavoro preparatorio. E poi sarebbe bene sfatare il mito delle ferie lunghe che per alcuni durerebbero anche tre mesi. Le ferie dei docenti sono di 32 giorni più 4 giorni delle festività soppresse, ma si possono fruire solamente durante i mesi di luglio o agosto e 6 giorni di questi anche durante l’anno ma senza arrecare aggravio di spesa alla scuola.

Ma di quali privilegi godrebbero gli insegnanti? Una professione in crisi perché è sottopagata e non gode del prestigio sociale di cui dovrebbe onorarsi. Adesso a risolvere tutti i problemi degli insegnanti, a recuperare la loro dignità professionale, arriva la riforma “La Buona Scuola” del Governo Renzi. Ma gli insegnanti che per loro formazione culturale sanno leggere e comprendere cosa c’è scritto in queste linee guida della riforma, hanno capito che la sfiducia e la crisi profonda di questa professione continuerà ancora lungamente.