Quota 96, Giannini-Ghizzoni, opinioni contrapposte

  Pensioni blog, 10.10.2014

“Gli insegnanti di quota 96 – e qui parlo della mia attuale responsabilità – nel piano della Buona scuola possono sicuramente rientrare in una soluzione che non è l’andare in pensione, come altre categorie non comprese dalla legge Fornero hanno potuto fare, ma è entrare in quell’organico funzionale e essere destinati a mansioni diverse, come quelle organizzative e non necessariamente alla didattica frontale”.

“Si tratta – secondo Giannini – di un ‘orizzonte ragionevole’ per un insegnante ultrasessantenne che ha fatto il suo dovere con passione e che aspetta il momento di tirare il fiato. Questa della Buona scuola è una soluzione che viene da sé, se invece ci sarà un’altra iniziativa parlamentare certo non mi opporrò”.

Così nella videointervista di ieri a Repubblica Tv, il ministro Giannini sembra dunque aver messo la parola fine al caso delle pensioni quota 96 della scuola. Unica soluzione possibile sarebbe il passaggio di questi docenti dall’organico di diritto all’organico funzionale, una volta che la riforma scuola 2014 sarà legge…

A nulla sono serviti dunque le parole dell’onorevole Ghizzoni, la paladina dei quota 96 della scuola che a margine della giornata mondiale degli insegnanti ha lanciato una sorta di monito al governo Renzi: “Insegnare è la più bella professione al mondo. In Italia, lo sarebbe se… Sì il condizionale è d’obbligo, perché da noi l’insegnante vive una profonda crisi di identità e una conseguente caduta del ruolo sociale” ha esordito la Ghizzoni introducendo il caso dei Quota 96 della Scuola.

“C’è un dente che duole e che offusca il senso di questa giornata: il mancato pensionamento dei lavoratori della Scuola che hanno raggiunto i requisiti nell’a.s. 2011/12. Pertanto, il mio contributo alla giornata degli insegnanti è la conferma del mio impegno affinché la Legge di Stabilità risolva il problema dei Quota 96 della Scuola. La valorizzazione della professione più bella al mondo passa anche da lì”.

Oramai la strategia del governo è divenuta chiara: far trascorrere tempo in maniera tale che i quota 96 si riducessero sempre di più fino a divenire un numero talmente esiguo da non costituire più un’emergenza.