Maturità 2015/2. TuttoscuolaNews, n. 653 20.10.2014 Nell’appello citato nella precedente notizia si sostiene che “Tutti i sistemi di certificazione prevedono, come regola fondamentale, che la certificazione venga effettuata da soggetti terzi; se si abolisce questo passaggio possiamo dire addio a qualunque discorso credibile sulla qualità della scuola italiana, con buona pace del Sistema Nazionale di valutazione”. Non si può non essere d’accordo con questo principio generale. La domanda è: può l’attuale esame di maturità (“conclusivo degli studi secondari”, lo definisce la legge) essere considerato un ‘sistema di certificazione’? Di che cosa? Forse solo del fatto che i candidati hanno semplicemente terminato gli studi secondari, dal momento che i tassi di ammissione e promozione si avvicinano al cento per cento, senza grandi differenze né geografiche (se non quelle sospette sulle votazioni, specie riguardo ai voti massimi. Ricordiamolo: a Milano solo un maturando su 381 è valutato meritevole di lode, a Crotone uno ogni 35) né per tipologia di scuola (e caso mai con dati in contrasto con quelli delle indagini comparative internazionali e con gli stessi test Invalsi). Insomma il mantenimento dell’esame con le commissioni metà e metà di per sé e da solo non garantisce affatto che venga salvaguardata la qualità della scuola italiana. E lo stesso si può dire, naturalmente, e ancor di più, per il modello ‘tutti interni’. Tra i due modelli non c’è dubbio che quello vigente dia maggiori garanzie di qualità, probabilmente lo pensa anche il ministro Giannini, che però ha il vincolo di trovare dei risparmi. Ma bisogna essere consapevoli che anch’esso appare ormai inappropriato. Che cosa fare dunque per muoversi verso la ‘certificazione’ delle conoscenze, competenze e abilità (o capacità, come indica la legge 425/1997) dei candidati alla maturità? Le strade, che Tuttoscuola propone non da ora di esplorare, sono due, peraltro convergenti, che ci limitiamo ad accennare auspicando lo sviluppo di una riflessione approfondita in materia: ridurre le prove d’esame a due o tre discipline, vincolando la scelta degli studi successivi alle prove sostenute (per le altre materie basta lo scrutinio interno) e ricorrere massicciamente a sistemi di produzione delle prove e di valutazione delle stesse informatizzati, che riducano al minimo la discrezionalità valutativa dei commissari. Servono insomma soluzioni nuove, che guardino al futuro e non al passato |