L’Italia arranca
con la scuola digitale

Pasquale Almirante, La Tecnica della Scuola 22.10.2014

Pasquale Almirante Mercoledì, 22 Ottobre 2014
Se in Italia su 12 studenti c’è un computer, in Europa se ne registra 1 ogni tre studenti. Ma siamo davanti (confortiamoci dunque) a Grecia (uno per 17) e Turchia (uno per 22)


In media, pubblica Wired.it, in Europa ci sono dai 3 ai 7 studenti intorno a un solo computer, almeno secondo l’ultimo rapporto “Survey of school: ICT in Education 2013” redatto dall’Università di Liegi e da European Schoolnet e riferito all’anno scolastico 2011-2012.

Prendendo come esempio le scuole superiori, Danimarca (un computer per studente), Norvegia (un pc ogni due studenti) e Francia (uno ogni tre) sono in testa alle classifiche degli stati meglio equipaggiati. Mentre in fondo agli elenchi compaiono Italia (un computer ogni 12 studenti), Grecia (uno per 17) e Turchia (uno per 22).

Facendo un paragone tra le scuole italiane e la media europea, gli studenti che hanno minori possibilità di aver accesso a un computer sono quelli delle elementari, mentre i più fortunati sono gli allievi degli istituti superiori. Lo scarto si fa ancora più grande se si considerano i computer connessi a internet: per le elementari ce n’è 1 ogni 333 bambini.

La scarsità di computer soprattutto alle elementari e alle medie viene in parte bilanciata dalla presenza delle LIM, anche se le lavagne interattive non sono ancora presenti in tutte le classi, a differenza di quanto accade a Malta (ce n’è una ogni 18 studenti) in Danimarca (1 ogni 29 studenti) o in Irlanda (1 su 30 studenti).

In Europa i 2/3 dei computer sono collocati in laboratori dedicati. Pure in Italia sono poche le scuole che hanno dichiarato di avere computer in aula a uso degli studenti.

E i dati, precisa wired.it, lo confermano: l’80% dei PC si trova in aule dedicate, mentre solo il 10% entra nelle classi usato in prevalenza dalle insegnanti per compilare il registro elettronico. Alla scarsità e all’isolamento delle macchine si aggiunge l’ulteriore problema dell’operatività dei computer: se in Europa il 76% degli studenti frequenta una scuola con il 90% dei computer funzionanti, la percentuale si abbassa drasticamente in Italia, dove solo il 52% degli allievi si trova in una di queste scuole.

Domandando ai dirigenti scolastici delle scuole superiori, si scopre che in genere i computer sono funzionanti benché molto usati, dato che le scuole superiori italiane hanno in media 1000 allievi. Quello che invece manca sono macchine aggiornate, cosicchè la soluzione potrebbe essere “bring your own technology” per il futuro, ossia che ciascuno studente porti a scuola oltre all’astuccio anche il proprio computer portatile o il tablet. Così accade in paesi come Danimarca e Francia, che hanno usato questa strategia per diminuire il numero di studenti privi di computer. Ma le famiglie italiane sarebbero in grado di sostenere questo costo ulteriore?

Tra il 2009 e il 2013, scrive sempre wired.it, il budget previsto per la scuola è aumentato del 9%, di pari passo con l’indice dei prezzi che, secondo ISTAT, ammonterebbe all’incirca allo stesso intervallo. A ciò si aggiunga che la spesa per l’istruzione è rimasta invariata tra il 2012 e il 2013 e che, in ogni caso la voce che pesa di più è il costo del personale. Benché ci sia un leggero aumento nella spesa per il supporto tecnico (+ 1,5%), i budget per specifici programmi di supporto dell’educazione e per l’assistenza didattica, per gli studenti con bisogni speciali e per le minoranze linguistiche sono calati del 7%. Anche in questo caso la situazione è alquanto variabile tra i diversi stati europei e l’ammontare della spesa può cambiare da un anno all’altro anche in base al numero degli edifici da sistemare, ai finanziamenti europei, al numero degli allievi.

L’unica consolazione che resta è quella basata su ricerche trentennali che dimostrano come non vi sia alcuna correlazione tra il numero di risorse che gli studenti hanno a disposizione e l’apprendimento delle diverse discipline, ma piuttosto quanto sia determinante l’uso che se ne fa.