Docenti di sostegno, per le assunzioni ancora ostacoli da superare

di Franco Portelli, Il Sole 24 Ore 23.10.2014

I Quadri di riferimento europei per le competenze linguistiche

In Italia, i principali requisiti chiesti ad un docente che volesse impartire contenuti con metodologia Clil, sono l’abilitazione in una materia non linguistica, la conoscenza a livello C1 dell'idioma con cui veicolare contenuti non linguistici ma di indirizzo o curricolari in una certa scuola, e una formazione specifica.

La formazione

In linea con decreti precedenti, i corsi per ottenere la formazione sono stati attivati in Italia a partire dal 2013-14, per consentire l’avvio dei percorsi Clil a partire dall’anno scolastico in corso: nei licei linguistici già dalle terze, e nelle altre scuole superiori in quinta.
In corso d’opera sono stati pure abbassati i livelli di competenza richiesti agli insegnanti per la lingua veicolare: non più tassativamente l’ovvio C1 del Quadro di riferimento europeo, bensì anche solo un B2 (cioè quello richiesto agli studenti all’esame di Stato a fine scuola secondaria superiore) o addirittura un B1 (quello previsto alla fine del primo biennio di secondaria superiore), qualora il docente stia frequentando un corso di abilitazione al Clil.
Paradossalmente un insegnante può dunque cominciare quest’anno con un progetto Clil avendo il livello B1, e magari poi, oberato da impegni, abbandonare il corrispondente corso di formazione, avendo però impartito a tutti gli effetti un corso Clil.

Paradossi possibili

Al di là delle considerazioni sui rischi glottodidattici, si può inoltre creare la scomoda situazione di un docente che insegni una materia altamente tecnica, veicolandola con una lingua che la classe conosce meglio di lui.
Del resto, data la situazione italiana certificata da numerosi studi internazionali, la congiunzione astrale per cui un insegnante laureato per esempio in giurisprudenza, abbia conseguito una certificazione internazionale C1 per esempio in inglese, e insegni in una classe quinta, in una scuola in cui Diritto è materia di indirizzo, e incontri altresì una classe con un livello adeguato a recepire un programma Clil, non ha elevate probabilità.
Se si considerano gli over 40, cioè la stragrande maggioranza dei docenti italiani, nel caso di corsi di studio non prettamente linguistici, il sistema scolastico non ha infatti agevolato la possibilità di acquisire, prima del conseguimento della laurea, competenze di livello C1 - ma sovente neppure di un congruo livello B2 -, in una L2. Vuol dire che nel 62% degli italiani adulti che affermano di non avere padronanza di un idioma straniero, rientrano molti insegnanti.
E difficile non ritenere che molti di coloro che lavorano a pieno ritmo in una materia, possano, tra i 40 e i 55 anni, frequentare in parallelo un lungo e intenso corso, per acquisire a livello adeguato una lingua straniera, in modo da poterla usare come idioma veicolare in classe (C1), sia un cammino in salita.

Mancato riconoscimento

Vi sono poi gli insegnanti di materia non linguistica che avrebbero già tutte le competenze necessarie ma che in fondo hanno deciso per il no al Clil, visto che al contrario di quanto accade agli operai specializzati, il datore di lavoro non mostra ancora di voler premiare una professionalità di assoluta eccellenza e un impegno supplementare.
La via più semplice a tutta la questione Clil non è stata percorsa: quella cioè di riconoscere come Clil ciò che viene fatto quotidianamente dagli insegnanti di lingua nelle scuole superiori, visto che devono affrontare in lingua straniera anche contenuti di letteratura, storia, storia dell'arte, informatica, economia politica, geografia, costruzioni, etc.; hanno certamente un livello almeno C1, e sono abituati da molto tempo a lavorare con didattica per competenze, laboratoriale, con peer learning e cooperative learning, e lim, e internet, e lezioni multimediali e interattive.
Forse in questo orientamento ha giocato un ruolo il timore che un insegnante di lingua non possa andare in profondità su argomenti tecnici che esulano dall’insegnamento dell’idioma non italiano. Ma siamo sicuri che un valido insegnante di Storia riesca ad andare più in profondità sulla prima guerra mondiale, gestendo le proprie lezioni, per esempio, in spagnolo da un livello B1 o B2 e con una platea di studenti di livello disomogeneo?