Prof in crisi d'identità

Pasquale Almirante, La Sicilia 12.10.2014

I docenti italiani stanno vivendo una crisi di identità senza precedenti e per un motivo molto subdolo, non hanno ancora capito come devono considerarsi: dipendenti pubblici o professionisti ai quali, nell'epoca dei saperi diffusi, vengono affidati milioni di ragazzi perché se ne facciano dei buoni cittadini, pronti ad affrontare un mondo iperveloce. E dentro questo dubbio, attendono che la consultazione telematica sulla "Buona scuola" dia risultati che restituiscano loro una consapevolezza più favorevole, una professione più stimabile.

Nel frattempo però sono poche le scuole dove i collegi dei docenti si sono riuniti per dibattere le problematiche avanzate dalle linee guida e formulare proposte serie e forti che possano riscattare i professori da questa inopinata crisi di identità che vivono. E non solo pare che i docenti stiano a guardare gli sviluppi della riforma "stupefacente" di Renzi, ma non si è sentita nemmeno la voce degli intellettuali italiani, sempre pronti a dire la loro, ma che nella fattispecie sembrano non curarsi né del futuro dell'istruzione né di quello del corpo docenti, da cui appunto dipende il futuro di milioni di ragazzi e più in generale della Nazione. Silenzio volteggia, salvo casi sporadici, né si avvertono interventi autorevoli, né idee prestigiose.

Eppure si parla di scatti di stipendio, se bisogna aggiungere al programma un'ora di inglese o di musica o di arte e come debba avvenire i futuro reclutamento, mentre sugli esami di stato è in corso uno stravolgimento in negativo che fa impressione, il dibattito sull'abolizione del valore legale del titolo di studio langue e si pensa pure di accorciare di un anno il percorso scolastico. Che non sono argomenti di amministrazione ordinaria, ma di stretta e importante valenza, tanto che si ha sentore che solo alcuni gruppi, benché slegati fra loro, di dirigenti scolastico vogliano dire la loro. Forse perché vorrebbero decidere, senza lacci e laccioli, la scelta dei docenti per la loro scuola o perché ambiscono alla dirigenza come i ministeriali, o perché hanno più di tutti capito come la nostra istruzione deve marciare. In ogni caso, tranne i sindacati e qualche associazione, isolata, di insegnanti, non si ha notizia di proposte alternative e soprattutto motivate, alle indicazioni messe in linea dal Miur, da parte di scuole o di reti di scuole o di gruppi di professori. È vero che gli accessi sono stati migliaia nel sito del ministero, ma appaiono note isolate che non fanno sinfonie, mentre il dato più evidente sembra quello della paura al cambiamento.