La resa dei conti

 TuttoscuolaNews, n. 658 17.11.2014

In quest’ultima settimana il clima politico e sociale si è (ulteriormente) arroventato, sommando alle conseguenze della perdurante crisi economica (disoccupazione, tassazione opprimente, conti pubblici e privati in rosso…) una serie di tensioni sociali che sono sfociate nello sciopero e negli scontri di piazza dello scorso venerdì, nei disordini a sfondo xenofobo di Roma, nelle prime avvisaglie di una nuova stagione di occupazioni, flash mob e altre iniziative studentesche che trovano un canale di diffusione e amplificazione nei social network.

Il sistema politico, con le sue complicate accelerazioni e mediazioni, non sembra in grado di offrire risposte chiare e convincenti alle tensioni economiche e sociali né sul versante della maggioranza di governo, che ha problemi di compattezza interna, né su quello delle opposizioni, essendosi quella di centro-destra sfarinata nel crepuscolo del berlusconismo e non avendo il movimento 5 Stelle saputo gestire efficacemente l’ingente patrimonio di voti e di aspettative accumulato nelle elezioni politiche dell’anno scorso.

In questo contesto di forti scontri, in cui alcuni soggetti agiscono con la logica e la psicologia della resa dei conti (gruppi antagonisti, centri sociali e per la casa, movimenti come i No Tav, ora quelli neoxenofobi delle periferie urbane), anche il mondo della scuola è alle prese con una sua partita, che è quella del rilancio dell’immagine e del ruolo dei suoi protagonisti principali, che sono gli insegnanti. La ‘Buona Scuola’ preconizzata nel documento governativo sul quale il 15 novembre è calato il sipario della consultazione pubblica (con un milione di contatti e migliaia di proposte) ci sarà se ci saranno buoni insegnanti: stabilizzati ma soprattutto ri-motivati, ri-considerati a livello del prestigio sociale, valorizzati attraverso il riconoscimento anche economico del loro impegno, che dovrebbe sfociare in una carriera con figure intermedie. E innanzi tutto al servizio di una Buona Causa: quella di rendere la scuola più efficace e più equa, più formativa e più inclusiva, più flessibile e più vicina alle esigenze educative delle generazioni 2000+.

Non sappiamo se e come questo risultato possa essere ottenuto, anche se va riconosciuto che in parte esso viene prefigurato in alcuni punti nel documento governativo, sia pure in assenza di risorse adeguate. Sappiamo invece che l’alternativa al cambiamento nella direzione indicata è che la scuola continui ad restare ferma e con sempre meno risorse, vittima della prolungata e irrisolta resa dei conti tra sindacati conservatori e ministri dell’economia a caccia di risparmi sulla spesa pubblica. Se ne esce solo con un colpo d’ala…