COMMISSIONE UE

Scuola, la Ue boccia l’Italia:
troppi abbandoni e poche risorse

Il Rapporto sull’Education: Italia agli ultimi posti per efficacia di insegnamento

di Antonella De GregorioIl Corriere della Sera scuola 13.11.2014

Abbandono scolastico elevato, bassa percentuale di laureati, difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, cordoni della borsa stretti, quando si tratta di investire in istruzione: gli studi comparati confermano che l’Italia arranca. Niente di nuovo, niente di buono. Siamo tra gli ultimi Paesi Ue per qualità ed efficacia di insegnamento, a tutti i livelli. Lo dice un rapporto appena pubblicato dalla Commissione europea (Education and Training monitor 2014). Che riconosce che qualche progresso nell’ultimo anno c’è stato, ma insignificante, se si guardano gli obiettivi di Lisbona. Il 2020 non è più così lontano. Ma i passi che il nostro Paese fa per agganciare quegli obiettivi sono troppo corti. Per esempio, in termini di abbandono scolastico, la percentuale auspicata è del 10%: siamo ancora al 17% (media Ue 12%) di studenti tra i 18 e i 24 anni che lasciano la scuola senza aver conseguito un titolo di studio. Si tratta di una delle percentuali più alte d’Europa e seconda solo a Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%). Si laurea il 22,4% degli italiani, mentre il target europeo sarebbe il 40% (la media europea è del 36,9%, in Irlanda e Lussemburgo è del 51; quelle di Italia e Romania le performance peggiori dell’Europa a 28).


Si spende poco

Più o meno dentro la media le competenze base degli studenti in matematica, scienza, lettura (anche se il dato statistico è un riassunto di un segno più al Nord e un segno meno al Sud). Il sistema di valutazione è a dir poco acerbo. La spesa pubblica tra le più basse d’Europa - 4% del Pil a fronte di una media europea del 5,3%. Peggio fanno solo Romania (3,0) Bulgaria (3,5) e Slovacchia (3,8) - soprattutto a livello universitario. Mentre per primaria e secondaria la spesa per studente risulta in linea con quella comunitaria. E quando cercano lavoro, i laureati italiani - in compagnia di greci, spagnoli e croati - sono quelli che fanno più fatica: solo il 49% di chi consegue una laurea in Italia trova un impiego in tempi brevi a fronte di una media europea del 71%. Una situazione peggiore si registra solo in Grecia. Bassa anche la percentuale di giovani coinvolti in attività lavorative durante gli studi. Le nubi si diradano solo quando si valutano le competenze alfabetiche e numeriche degli studenti, soprattutto dei primi cicli d’istruzione liceali. Scarse, invece, quelle degli adulti. Con le tecnologie, poi, studenti e prof italiani hanno meno confidenza dei colleghi europei.

Gli insegnanti

Passando agli insegnanti, i risultati del rapporto attingono abbondantemente alla rilevazione Talis (Teaching and Learning International Survey) dell’Ocse, che prende in esame professori della scuola secondaria inferiore di più di 30 Paesi ed economie del mondo. Il prototipo italiano è donna, alla soglia dei 50 anni, mediamente soddisfatta del proprio lavoro ma convinta di non godere della giusta considerazione sociale. Tanti precari (18,5% contro una media Talis del 10% e il doppio che in Francia, Norvegia e Svezia). Quasi del tutto assente la valutazione. Carente la preparazione specifica all’insegnamento, così come le attività di formazione continua, aggiornamenti, laboratori: il 38% degli insegnanti è giudicato «non abbastanza qualificato»; più o meno in linea con la media europea come la percentuale (31%) di chi utilizza le nuove tecnologie per il proprio insegnamento, mentre solo il 75% (media europea 85%) sta cercando di acquisire nuove competenze.