Quel conteso fondo per le scuole paritarie

Anna Monia Alfieri, La Tecnica della Scuola 22.11.2014

Una nutrita fetta di partecipanti alla consultazione ‘La Buona Scuola’ avrebbe chiesto di non dirottare più quei finanziamenti pubblici per le necessità di pareggio di bilancio delle Regioni. E allo Stato converrebbe…

E’ sotto gli occhi di tutta la comunità nazionale il singolare rilievo dato alla scuola, negli ultimi tempi, dalle grandi Istituzioni del nostro Paese. Un’attenzione direttamente proporzionale alla degenerazione educativa della vita quotidiana.

Ho sin da subito guardato - con la forza della disperazione di chi avverte l’imprescindibile necessità che le cose riprendano il verso giusto - alla Buona Scuola del documento del Governo Renzi che arriva a definirla come “pubblica, statale e paritaria”. Una rivoluzione.

Scorgere segnali positivi domanda risposte responsabili. Letture disfattiste, se da un canto denunciano la propria incapacità di incidere positivamente nella societas, dall’altra giustificano l’irresponsabilità di chi può fare e non fa. Insomma, la battaglia per la “garanzia” dell’esercizio del diritto della famiglia domanda la costanza della goccia che scava la roccia e la sapienza di chi ritrova nel confronto la conoscenza e l’apertura. E i segnali positivi non si fanno attendere.

E’ con soddisfazione che apprendiamo che la maggioranza ha accettato di riportare al Miur tutto il fondo per le scuole paritarie sottraendolo alle necessità di pareggio di bilancio delle Regioni, che avrebbero potuto destinarlo secondo altri ordini di priorità come è già successo negli anni precedenti.

Siamo consapevoli di quanto sia arduo l’impegno che interessa il Governo, e di conseguenza ciascuno di noi, riguardo alla necessità di colmare il gap di uno Stato di diritto - quale è l’Italia - che dal 1948 ad oggi non ha saputo garantire il più naturale dei diritti riconosciuti e cioè la libertà di scelta educativa in capo alla famiglia in un pluralismo educativo. E’ altrettanto nota l’esiguità dei contributi erogati per un allievo che frequenta la scuola pubblica paritaria (500 euro annui) contro la spesa - per la gestione corrente; molto più alta la spesa completa - sostenuta dallo Stato per un allievo che frequenza la scuola pubblica statale (euro 7.319,50). Pur tuttavia quello raggiunto quest’oggi è un passaggio importante per due ragioni:

è in linea con quanto enunciato nel documento La Buona Scuola: questa scuola necessita di risorse certe e definite e soprattutto previste. Il gestore e i presidi della scuola pubblica paritaria che non possono fare affidamento su contributi (anche modestissimi) indefiniti nella quantità e incerti nei tempi di erogazione non potranno gestire alcuna progettualità. Come pure i dirigenti della pubblica statale;

la decisione della maggioranza conferma che ormai il punto è fermo: al di là dell’ideologia, cancro dell’intelligenza non del tutto estirpato (anche nei nostri ambienti religiosi), il cittadino deve e può chiedere ad un Governo - che a) ha dichiarato che la scuola è il punto di partenza, b) ha affermato che la scuola pubblica è statale e paritaria con tutto ciò che implica - questo cittadino è obbligato a esigere che l’Italia, in quanto Stato di diritto, recuperi la propria responsabilità di attore capace di “garantire” i diritti che riconosce. Pena la contraddizione, che equivale a dire e disdire, cioè ad essere come un tronco (Aristotele). E’ evidente che si richieda ai cittadini responsabili di non mollare la presa.