BES. Tribunali condannano scuole Orizzonte scuola, 6.11.2014 Se il "bisogno educativo speciale" è evidente e conosciuto al Consiglio di Classe, deve essere attivato tempestivamente, predisponendo un Piano di studi Personalizzato. A dirlo due sentenze del Tar Lazio che hanno annullato due bocciature di altrettanti alunni. Ma c'è anche una sentenza contraria. Se il Consiglio di Classe è a conoscenza di svantaggio socio-economico nella condizione familiare dello studente, di i disturbi dell’apprendimento in assenza di certificazione sanitaria e di disturbo da deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) ha l'obbligo di attivare i piani personalizzati per gli studenti in situazione di svantaggio. Con sentenza n. 9261 del 1° settembre 2014, infatti, il Tar Lazio ha annullato la non ammissione di un alunno dal terzo anno al quarto della scuola primaria. Il motivo è da rintracciarsi nella mancata considerazione, nella valutazione finale, del disagio della situazione familiare. I genitori ricorrenti, infatti, hanno evidenziato la mancata applicazione della legge n. 170 dell’8 ottobre 2010, della Direttiva MIUR del 27 dicembre 2012, del D.P.R. n. 122 del 2009 e della circolare MIUR n. 8 del 6 marzo 2013 la quale prevede l’attivazione del PDP, che non è stato predisposto tempestivamente. La scuola era a conoscenza della situazione familiare del bambino (figlio di una cittadina peruviana e di padre italiano, con notevoli difficoltà economiche), ma non aveva messo in relazione le evidenti difficoltà espressive del minore con la sua complessiva situazione familiare. Infatti, il Tar rileva che le difficoltà erano a conoscenza del CdC che aveva constatato come i lavori del bambino “giorno dopo giorno, evidenziassero una grafia sempre meno comprensibile”. Per tale motivo il Tar ha ritenuto che "la situazione scolastica dell’alunno non presentasse quella eccezionalità tale da consentirne la bocciatura, proprio a causa dell’ingravescenza della stessa". Nel verbale finale del primo quadrimestre del 16 gennaio 2013 il CdC metteva in evidenza anche il fatto che, mentre nei precedenti anni scolastici fino alla terza elementare il bambino avesse una scrittura lineare, il bambino stava “vivendo una situazione particolare, un disagio familiare che sta trasferendo nel suo apprendimento (…)”. Quindi, se il CdC è a conoscenza del disagio del bambino, ha l'obbligo di attivare un piano personalizzato. Stesso orientamento si ritrova nella sentenza Tar Lazio n. 7024 del 2 luglio 2014. I giudici hanno rilevato che: “(…), emerge dalla documentazione che il minore proviene da un contesto sociale e familiare particolarmente disagiato e versa pertanto in una situazione di marginalità, anche culturale, acuita da una condizione di precarietà psico-fisica che avrebbe dovuto indurre l’istituzione scolastica ad attivare percorsi didattici personalizzati, tenuto conto della particolare valenza educativa e formativa dell’istruzione di I grado." In particolare, dalla relazione tecnica psicologica del bambino, emergeva che il minore mostrava "povertà di linguaggio (…), agitazione motoria e scarsa capacità di concentrazione" e riferisce di un disagio nel frequentare la scuola sia per motivi prestazionali che relazionali. "Inoltre, le ripetute bocciature, dovute allo scarso rendimento e alle ripetute sospensioni, sembrerebbero aver maggiormente compromesso l’investimento sull’attività didattica a causa di un abbassamento del livello di autostima" e "anche l’investimento relazionale con i coetanei sembra essere compromesso", tant’è che "il minore riferisce di essere stato vittima a scuola di atti di bullismo, subendo ripetute prese in giro sulla sua persona e sulle sue condizioni di vita". Tanto basta a concludere, secondo il Tar, la totale assenza della Scuola nella predisposizione di adeguati mezzi di sostegno relazionale e prestazionale, attraverso percorsi e strumenti di sistematica formazione aggiuntiva e integrativa idonei a recuperare le macroscopiche carenze didattiche evidenziate e, per altro verso, nella creazione di un ambiente favorevole ad accogliere il minore e a consentirne la crescita della personalità, con violazione dei diritti dello studente sanciti, in particolare, dall’art. 2, punto 11, del richiamato Regolamento disciplinare per gli alunni di scuola secondaria di primo grado che tali strumenti inserisce tra i diritti dello studente. Di diverso avviso, invece, il Tar Lombardia con l'ordinanza n. 1095 del 29 agosto 2014. Ordinanza con la quale è stata respinta l’istanza cautelare dei genitori ricorrenti, secondo cui “in caso di bisogni educativi speciali non è obbligatoria la redazione del piano didattico personalizzato” e “la predisposizione di un piano di gruppo è quindi atto pienamente soddisfacente gli obblighi di legge”. |