Serve un bravo dirigente
per fare una buona scuola

Anna Maria Bellesia, La Tecnica della Scuola 17.11.2014

Non basterebbe neppure il 100% di bravi docenti. Per fare una buona scuola ci vuole un bravo dirigente. Perché “O pesce fete d' 'a capa”, dice la saggezza popolare. E col suo lessico da marketing lo dice pure La Buona Scuola: “il timoniere è essenziale” per cambiare rotta.

Il bravo dirigente scolastico sa fare lavorare bene i docenti, “coordina” e “valorizza” le risorse umane, “rispetta” le competenze degli organi collegiali, facendoli ben funzionare, punta al “benessere organizzativo”, è attento alla comunicazione, cura la qualità dei processi formativi, sapendo che deve misurarsi con diritti riconosciuti in Costituzione, tanto del personale docente quanto dell’utenza.

Il bravo dirigente è capace di riconoscere e sanzionare chi non fa il suo dovere, di aiutare con la sua autorevolezza chi ha qualche difficoltà, di coinvolgere e guidare l’organizzazione verso gli obiettivi da raggiungere, di motivare i docenti mettendoli in grado di lavorare al meglio.

Con l’ultima tornata concorsuale si è cercato di selezionare e formare dirigenti il più possibile all’altezza del proprio ruolo. Ma chi, nella sua vita professionale, dopo l’avvento dell’autonomia, non si è imbattuto in qualche dirigente che a scuola proprio non ci dovrebbe stare?

L’identikit del pessimo dirigente scolastico è presto fatto: un burocrate e non un leader. Per farsi ascoltare deve urlare, per farsi ubbidire deve minacciare, per comandare deve sanzionare. Per lui il confronto è un affronto. In collegio perde le staffe. Non lesina il sarcasmo, ma non tollera la battutina. La comunicazione è giurassica, benché arrivi online. Quando vuole imporsi ti tira fuori il codicillo, comma a, lettera b, che apparentemente gli dà ragione. Tentare di far valere le proprie ragioni è tempo perso. Il decreto 150 del 2009 gli ha dato alla testa: inebriato dai nuovi poteri dirigenziali, governa con atti unilaterali.

I sindacati lo sanno bene. Mega collettori di quotidiane lamentele, riconoscono che oggi funzionano le scuole dove ci sono dirigenti scolastici autorevoli e di “buon senso”. Al contrario, regna un pessimo clima dove i dirigenti sono autoritari, con comportamenti dirigistici e spesso vessatori nei confronti dei docenti. Si lavora sotto stress, non ci si sente valorizzati, si fanno le cose perché si deve, si cerca la via di salvezza facendo il minimo.

Che “O pesce fete d' 'a capa”, lo capì per primo l’ex ministro Brunetta che fortissimamente volle il decreto legislativo 150 del 2009, col quale ha introdotto la nuova disciplina anti-fannulloni e anti-assenteisti, ha sottratto spazio alla contrattazione, ha avviato i meccanismi premiali, ha esteso i poteri dirigenziali. Ma ha anche caricato i dirigenti di maggiori responsabilità, sulle quali nella scuola si fa lo gnorri.

I dirigenti, dice il Decreto, sono valutati in base agli indicatori di performance e al raggiungimento degli obiettivi assegnati. La retribuzione di risultato deve essere pari al 30% della retribuzione totale. Può essere decurtata se il dirigente non raggiunge gli standard. L’incarico può non essere rinnovato se gli obiettivi non sono raggiunti. Nella scuola, invece, non c’è alcuna valutazione e la stessa retribuzione “di risultato” continua ad essere attribuita in base a parametri indipendenti dai risultati. Il CCNL dei dirigenti scolastici, firmato all’epoca della Gelmini che tutti i giorni predicava il merito, parla semplicemente di “orientamento ai risultati”.

Sulla valutazione della dirigenza scolastica, finalmente, entro dicembre 2014 l'Invalsi presenterà la “proposta organica”, che “sarà oggetto di un confronto con le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali” dicono al Ministero, mentre riguardo ai docenti la ministra Giannini di confrontarsi proprio non ci sente (e qui il buon intenditor ha capito perché).

Con l’attuazione del piano Renzi-Giannini, il rischio è che da certi pessimi dirigenti dipenda la valutazione dei docenti e l’attribuzione della “premialità”. Il documento governativo La Buona Scuola tratta in una paginetta i meccanismi di reclutamento e di formazione della nuova dirigenza scolastica, nulla dice sulla valutazione, mentre ai Ds attribuisce la facoltà di scegliere i docenti ritenuti professionalmente più adatti e di premiarli economicamente. Sarà il colpo di grazia per la Scuola Istituzione e l’inizio di un sistema clientelare dove si entrerà in competizione per 60 euro al mese.