S’impara meglio all’antica? Una ricerca inglese boccia gli eccessi
nella sperimentazione
di Nicola Barone,
Il Sole 24 Ore
3.11.2014
In fondo non è un de profundis definitivo sulla sperimentazione di
nuovi metodi, al netto di alcuni eccessi decisamente bizzarri. Ma
l'approccio tradizionale, in fatto di insegnamento, sembra aver (e
di molto) la meglio sulla ricerca di alternative non
sufficientemente comprovate, evidenze alla mano. Nel Regno Unito il
dibattito aperto da un'analisi del Sutton Trust, in collaborazione
con l'Università di Durham, appassiona gli addetti ai lavori e le
famiglie, anche per quel che riguarda l'aspetto connesso
dell'efficacia dei sistemi di valutazione dei professori. Al punto
che le pagine del Guardian hanno rilanciato ai lettori la domanda
delle domande: «Che cosa fa grande un insegnamento?».
Le cattive abitudini in voga
Una conclusione cui sono giunti gli esperti è che gli istituti
dovrebbero compiere maggiori sforzi per comprendere ciò che rende un
tipo di insegnamento valido, mantenendo le pratiche screditate fuori
dalle aule. Al contrario lo studio suggerisce che alcuni insegnanti
non smettono metodi che hanno dimostrato poco o nessun miglioramento
nel percorso degli studenti e invece si basano su prove
«aneddotiche» per seguire tecniche alla moda. Come il cosiddetto
“apprendimento per scoperta”, dove gli alunni hanno lo scopo di
trovare da soli le idee chiave per se stessi, o altre ancora grazie
a cui i bambini vengono divisi in gruppi secondo la capacità di
apprendere meglio attraverso la vista, il suono o il movimento.
Stili più tradizionali che ricompensano lo sforzo, utilizzano il
tempo in classe opportunamente e insistono su norme chiare per
gestire il comportamento degli alunni hanno invece maggiori
probabilità di riuscita nello scopo, secondo i ricercatori.
I punti destinati a rimanere oscuri
Come effettivamente s'impari rimane in ogni caso una questione
misteriosa, ai limiti dell'impossibile, il che comporta per gli
specialisti stessi massima cautela nel fissare una modalità
standard. Il professor Robert Coe dell'Università di Durham, uno
degli autori dello studio, spiega al Guardian che valutare
l'efficacia dell'insegnamento è risultato un compito non agevole
proprio perché sfugge quasi del tutto la comprensione delle modalità
con cui gli studenti apprendono. «È incredibilmente difficile per
chiunque ponga l'attenzione su un insegnante stabilire l'efficacia
con gli studenti stanno imparando. Noi tutti pensiamo di potercela
fare, ma le evidenze dimostrano che non possiamo. Chiunque voglia
giudicare la qualità dell'insegnamento deve essere molto prudente»,
dice Coe. Delle cose però sono però chiare: ad esempio i contro
effetti della divisione in gruppi di abilità che possono spingere
gli insegnanti ad andare troppo veloce con quelli «ad alta capacità»
e troppo lento con la rimanente parte, e questo annulla i vantaggi
di adattare le lezioni ai diversi gruppi di alunni.