Sicurezza scuole, forse è la volta buona:
in arrivo almeno 4 miliardi

Ridurre le superiori di un anno?
Si può fare, ma..

di P.A. La Tecnica della Scuola 1.3.2014

Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, seppure non escludendo qualche rischio, è però convinto dei benefici, anche alle luce delle altre esperienze, come quella del Canada


“Diciamo subito”, dice Gavosto a La Stampa, “che l’idea di conseguire il diploma di maturità a 18 anni, anziché a 19, è condivisibile. Ma lo è per un motivo diverso da quello dell’allineamento alla prassi europea, che viene spesso citato. Non è vero che terminare la scuola a 18 anni sia la norma in Europa: in circa metà dei Paesi la scuola secondaria si conclude infatti a 19, con età di inizio molto variabili”.

Se però, dice il presidente della Fondazione Agnelli a La Stampa, appare poco credibile l’idea che i nostri ragazzi sarebbero svantaggiati per l’ingresso del mondo del lavoro, appare invece vero “il grave ritardo accumulato all’università, dove i nostri ragazzi impiegano in media 7 anni e mezzo per giungere alla laurea magistrale, contro i 5 prevalenti altrove”.

“Mi convince, invece, molto di più la tesi secondo cui la conclusione della scuola a 19 anni è il retaggio di un mondo in cui i tempi di apprendimento erano lenti e rarefatti. Oggi i ragazzi apprendono e diventano autonomi in fretta: a 18 anni possono votare; a 39 possono diventare presidente del Consiglio. Tenerli inchiodati un altro anno al banco di scuola genera spesso noia e disamore per lo studio. Avrebbe molto più senso utilizzare il tempo risparmiato nelle superiori più in là nella vita, per aggiornarsi sul lavoro o imparare cose nuove in un contesto di saperi e tecnologie in continuo mutamento: come succede nei paesi scandinavi, dove il 30% degli adulti partecipa a programmi di educazione permanente.

In ogni caso, dice Gavosto, ridurre la scuola superiore a quattro anni comporta comunque due rischi.

“Il primo è quello della cosiddetta «onda anomala», per cui nell’anno di passaggio due generazioni di studenti (l’ultima a terminare il ciclo di cinque anni e la prima a iniziare quello di 4 anni) si riverserebbero insieme sull’università o sul mercato del lavoro.

La riforma dovrebbe essere quindi applicata progressivamente in modo da trasformare l’onda in tante piccole increspature”.

“La seconda preoccupazione è che la riduzione si realizzi attraverso una semplice «restrizione del curricolo», ovvero tagliando qua e là i programmi per comprimerli in quattro anni. Sarebbe una scelta autolesionistica, che abbasserebbe ancora di più i livelli di apprendimento dei nostri studenti al termine degli studi. È evidente che la riduzione di un anno del ciclo secondario dovrebbe comportare un ripensamento di tutto il percorso scolastico, a cominciare dalla scuola dell’infanzia: solo riorganizzando gli apprendimenti alle diverse età, scegliendo che cosa è davvero importante che i ragazzi imparino, adottando nuove didattiche, il passaggio a 4 anni porterebbe a un miglioramento della qualità della scuola. Che si possa fare lo dimostra l’esperienza della provincia canadese dell’Ontario, la più importante del Paese, dove nel 2003 il termine della scuola superiore venne abbassato da 19 a18 anni: con l’occasione vennero reimpostati i contenuti di tutto il ciclo scolastico. A distanza di dieci anni, l’Ontario ha aumentato il numero di diplomati e ha visto migliorare nettamente i risultati dei test Pisa sugli apprendimenti”.