“Così possiamo ribellarci a un sapere utilitaristico” Parla lo storico Marc Fumaroli: “Le conoscenze letterarie, artistiche e filosofiche assicurano stabilità, compensando le continue trasformazioni di scienza e tecnica” di Fabio Gambaro, la Repubblica scuola 2.3.2014
PARIGI
«Siamo dominati da una concezione
utilitaristica del sapere, accompagnata da un’idolatria del denaro.
Tutto deve produrre una rendita immediata, altrimenti appare
inutile. Ci si illude che i nuovi mezzi di comunicazione siano più
che sufficienti ad affrontare la vita. La cultura umanistica appare
arcaica e superata, e tutti gli sforzi fatti in passato per
trasmettere una cultura che ci aiuti ad essere un po’ più umani e un
po’ meno barbari non sembrano più necessari».
«Assolutamente no. Sarebbe un grave
errore sacrificare questa tradizione, poiché essa può compensare le
mancanze di un universo dominato dalla tecnica, dall’economia, dalla
comunicazione che tende a sacrificare il ragionamento e la capacità
di giudizio. Oggi abbiamo più che mai bisogno di esercitare le
facoltà critiche e razionali, che nascono anche dalla frequentazione
della cultura umanistica».
«Lo spirito critico è solo una delle
diverse facce del rapporto con le opere letterarie, artistiche e
filosofiche, e più in generale con la realtà. Non bisogna
dimenticare la dimensione emotiva e sensuale, che implica
un’educazione della passioni e del cuore. Da questo punto di vista,
non saranno i luccicanti schermi di internet né i meravigliosi
algoritmi che ci aiuteranno a crescere. Serve invece un sistema
educativo che compensi le tendenze eccessivamente astratte,
utilitaristiche e specialistiche del mondo tecnico- pratico».
«Penso di sì. Le immagini, che sono al
centro di tutto un dispositivo comunicativo e pubblicitario, hanno
un potere straordinario, che però ci allontanano dal mondo reale,
condannandoci all’universo dell’astrazione. Ci privano del rapporto
sensibile e intuitivo con il reale e con gli altri, rischiando di
prosciugare la nostra immaginazione e la nostra sensibilità. Le
nuove tecnologie – per molti versi utili e ammirevoli – rischiano di
atrofizzare le nostre coscienze e impoverire le ricchezze che sono
in noi. Per fare da contrappeso a questa deriva, occorre fare
appello alla cultura umanistica o, come la definisce Schiller,
all’educazione estetica. Ma anche alla bildung cara ai tedeschi, che
chiamano così l’apprendimento dell’inutile, che però è più utile di
ciò che solitamente è considerato utile. Insomma, l’universo
umanistico e il mondo tecnico-pratico devono essere complementari,
correggendosi l’un l’altro».
«La cultura umanistica possiede una certa
stabilità. Oggi possiamo leggere l’Eneidetraendone la stessa
felicità e lo stesso beneficio educativo che in passato. La scienza
è invece in continuo movimento e in continua trasformazione. Questa
instabilità ha bisogno di essere compensata dal rapporto con un
universo più stabile come quello umanistico, che presenta una
continuità di valori e idee non correggibili dall’evoluzione dei
tempi. Senza dimenticare, che le nuove tecnologie possono essere un
alleato formidabile per un’educazione di tipo umanistico, motivo per
cui occorre immaginare ogni forma di dialogo tra i due ambiti». «Naturalmente la cultura non è mai immobile. Oggi non insegniamo e non leggiamo le opere come nel secolo scorso. Ogni generazione reinventa la cultura, pur traendone le stesse sostanze e gli stessi benefici. Che sono tali anche sul piano civile, visto che la cultura umanistica, come tutto ciò che ci rende più intelligenti, ci rende anche migliori cittadini. La democrazia ha bisogno di capacità di riflessione e di giudizio critico, altrimenti rischia di lasciarsi andare alle reazioni più immediate ed epidermiche». |