La scuola pubblica e la scuola privata di Alfonso Gianni, L'Huffington Post 3.3.2014 Qualcuno è rimasto favorevolmente colpito dal fatto che il nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi abbia cominciato il suo discorso alle camere, con cui ha chiesto la fiducia, dalla questione della scuola. Scelta inusuale, va riconosciuto e naturalmente è d'uopo dire, come si farebbe con tutti, che andrà giudicato sulla base dei fatti. Stando però alle parole, le recenti dichiarazioni della neoministra Stefania Giannini sono peggio che inquietanti. Essa invita il governo a finanziare le scuole private parificate. In sé non è una novità. Come si sa il divieto costituzionale è stato ripetutamente violato dai vari governi che hanno preceduto quello attuale. Ma - ha ragione Nadia Urbinati a rilevarlo - ciò che appare nuova è la motivazione con cui la ministra intende accompagnare la sua scelta. La ministra fa riferimento alla condizione di bisogno nella quale si troverebbero le scuole private. In effetti negli ultimi anni queste ultime hanno perso studenti - si può calcolare almeno uno su cinque - e quindi "necessiterebbero" di aiuto per i diminuiti introiti. In effetti per il 2013/2014 sono stati stanziati 223 milioni di euro che si aggiungono ai già previsti 260. In tutto fanno 483 milioni di euro con cui il "pubblico" sovvenziona la scuola privata che perde i colpi. Se si guardano le cose per il loro verso giusto dovrebbe avvenire casomai il contrario. Infatti qui il concetto di "bisogno" appare applicato in modo completamente rovesciato. Se sono le scuole pubbliche, che già versano in condizioni miserande, a dovere accogliere più studenti, dovrebbero essere queste ultime a necessitare con la massima urgenza ed esclusività di nuovi finanziamenti pubblici. Non cambia il quadro se applicassimo il principio del "merito", di cui si sente tanto parlare come criterio di valutazione delle strutture scolastiche, spesso del tutto a sproposito. In questo caso se le scuole private perdono studenti non sarà solo per sopravvenute difficoltà economiche delle famiglie, ma probabilmente perché la scuola pubblica, malgrado tutto, si rivela ancora oggi l'opzione migliore proprio sul versante della qualità educativa. La stessa libera scelta in questo campo risulta così garantita dalla struttura pubblica piuttosto che da quella privata. Sappiamo non essere questo il parere della Compagnia delle Opere che più che santi in paradiso ha ministri nel governo, ma ce ne faremo una ragione. Se dunque tanto dal punto di vista del bisogno, quanto da quello del merito tanta generosità verso le scuole private non appare essere giustificata, quali possono essere i motivi che spingono la ministra Giannini a simili propositi? L'unico che può venire in mente, senza essere nemmeno troppo maliziosi, è il tentativo di porre definitivamente la scuola pubblica e la scuola privata parificata su un piano di assoluta eguaglianza, abbattendo d'un colpo solo la differenza tra pubblico e privato. In questo modo si potrebbe cercare di aggirare la Costituzione, la quale, come si sa, è chiarissima sul punto, peraltro ripreso in pronunciamenti popolari vincenti come quello di Bologna: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". Un disegno, mi auguro, da non sottovalutare perché potrebbe essere anche accompagnato con ragionamenti ragionieristici, tipici delle politiche di austerity, in base ai quali uno studente in una struttura privata, benché sostenuta da generosi aiuti pubblici, costerebbe meno alle casse dello Stato di uno che si trova nella scuola pubblica. Un disegno da fare fallire, a meno che non si voglia fare a meno di uno dei pilastri fondamentali che ha retto il welfare state europeo e contemporaneamente di principi di laicità e di pluralismo in campo educativo. |