I prof latino e greco temono un’altra stangata

di A.G. La Tecnica della Scuola 16.3.2014

Dicono no alla possibile doppia prospettiva penalizzante: ciclo delle superiori a 4 anni e passaggio a 24 ore frontali, più volte auspicato da Scelta Civica. Il partito di cui fa parte il ministro Giannini. Ha avuto successo, intanto, l’iniziativa dei tre storici licei romani che hanno organizzato dibattiti e riflessione sulla crisi del Classico.


Le interviste a raffica rilasciate dal Ministro Stefania Giannini hanno allarmato diversi addetti ai lavori. Non è piaciuta l’apertura del nuovo responsabile del Miur verso la riduzione delle superiori a 4 anni. Ma anche del possibile passaggio a 24 ore di didattica più volte auspicato da Scelta Civica. Tra chi contesta questo modello ci sono anche gli insegnanti di latino e greco. Che dopo i “danni” giunti dalla riforma Gelmini delle superiori, sostengono, non potrebbero sopportare altre misure penalizzanti.

Per dire no alla possibile doppia prospettiva penalizzante sono scesi in piazza mercoledì 5 marzo davanti al Miur: per dire che riducendo di un anno le superiori "le scuole superiori si indeboliranno ulteriormente e le nostre discipline perderanno definitivamente la possibilità di essere insegnate in maniera efficace. Già la riforma – ha spiegato il coordinamento docenti di latino e greco - Gelmini ha ridotto le ore di lezione di italiano, storia, geografia e latino, ora si mette in discussione anche l'insegnamento della filosofia (tramite la revisione delle classi di concorso, di cui ora al Miur si discute la sesta bozza n.d.r.). Questo atteggiamento porterà al progressivo oblio della cultura umanistica nel nostro paese, quella cultura che ha sempre rappresentato un modello di riferimento dell'Italia agli occhi del mondo".

Ma oltre a respingere le critiche rispetto al loro orario di lavoro ("c'è una quantità di ore lavorative non visibili all'esterno"), i prof di latino e greco hanno espresso poi la loro condanna nei confronti dell'introduzione di meccanismi premiali per la loro valutazione ("tali meccanismi sono basati sull'esaltazione della competitività, mentre nella scuola la cooperazione tra colleghi è indispensabile"). E hanno detto "no" alla "chiamata diretta" degli insegnanti perché temono il "clientelismo locale".

Negli stessi giorni, tre storici licei romani, il Visconti, il Virgilio e il Giulio Cesare, hanno organizzato eventi di dibattito e riflessione sulla crisi del Classico. L’iniziativa ha destato interesse e un discreto seguito. Chi ha a cuore questo genere di istituti sa bene che l’interesse non è in caduta libera, ma poco ci manca: nell’anno in corso il Miur ha comunicato che tra i licei il preferito è sempre più lo scientifico (quasi 460 mila studenti + 115 per l'opzione scienze applicate). Fortemente distanziato è il Classico (171 mila), addirittura quasi superato dal linguistico (166 mila).

La disaffezione per il Classico è ormai palese. Da un’inchiesta nazionale, svolta dal settimanale L’Espresso, è risultato che nell’anno in corso si sono iscritti al Classico appena 31mila i "primini", meno della metà degli oltre 65mila del 2007. Il minimo è stato toccato in Emilia Romagna, con il 3,5 per cento; solo nel Lazio il livello resta alto, con il 9,7 per cento di matricole.

Come se non bastasse, in molti istituti storici si sono chiuse tante classi. A Firenze nel Dante, dove hanno studiato Giovanni Pascoli e Matteo Renzi, i nuovi iscritti sono calati da 80 a 38. A Milano persino il Manzoni e il Parini accusano il colpo. “Gli adolescenti – ha scritto L’Espresso - scappano verso materie più concrete. Via il greco e il latino. Benvenuti spagnolo, tedesco, cinese: il liceo Linguistico, infatti, è in pieno boom di iscrizioni, raddoppiate rispetto al 2009 fino a toccare 8,4 per cento dei nuovi iscritti. Stabile lo Scientifico, con un 22,8 per cento di ragazzi”.

I tre licei romani hanno così pensato di coinvolgere "non soltanto il mondo accademico e della cultura, ma anche e soprattutto esponenti dell'economia, scienza, editoria, politica e spettacolo. L'obiettivo è sensibilizzare la società civile e i decisori politici ad una riflessione su senso e fini della formazione superiore oggi, nella società della conoscenza".