Scuola, per la prima volta di Corrado Zunino, Repubblica La scuola siamo noi 13.3.2014 PER trovare un impegno finanziario sulla scuola di questa mole - 3,7 miliardi di euro messi dallo Stato sull'edilizia scolastica, altri 600 milioni per l'aumento del credito d'imposta in favore dei ricercatori universitari di domani - bisogna risalire alla metà degli anni Ottanta. Con il ministro Franca Falcucci, peraltro ministro molto contestato, che nell'85 introdusse la pluralità degli insegnanti alle scuole elementari e investì per l'acquisto di obsoleti computer Ibm all'alba dell'informatizzazione del paese: era il Piano nazionale dell'informatica. In quelle stagioni non si parlava affatto di compatibilità economiche: le riforme si facevano e basta. Si pagava in miliardi di lire, i controlli dell'Europa non esistevano e si lasciava crescere il debito pubblico. Nei tempi moderni, dal ministro Letizia Moratti in giù, sulla scuola, l'università e la ricerca ci sono stati solo tagli. La Moratti scoprì un buco da 4,5 miliardi di euro per il biennio 2001-2002 e si approntò a riempirlo con le prime spending review su cose e persone (insegnanti). Giuseppe Fioroni tagliò 3,17 miliardi nei tre anni del Prodi bis. Con Maria Stella Gelmini ispirata da Giulio Tremonti si tolsero otto miliardi alla scuola e alcune centinaia di milioni all'università (Tremonti aveva presentato a Bruxelles un documento che illustrava sottrazioni per 13 miliardi fino al 2014, ben oltre il suo governo). Francesco Profumo difese la scuola con le unghie dalle "spending" di Monti, ma anche lì si tolsero soldi, mai se ne aggiunsero. E poi Enrico Letta. Da Fazio - come Matteo Renzi, d'altronde - promise di dimettersi se ci fossero stati altri scippi sull'istruzione. Al suo ministro Maria Chiara Carrozza bastarono due mesi per presentare, a sua volta, le dimissioni (respinte), visto che soldi al dicastero non ne vedeva. In dieci mesi qualche risorsa in più per atenei (191,4 milioni) e ricerca è arrivato, ma molte partite con il penultimo governo sono rimaste in deficit: stipendi di insegnanti, presidi e bidelli, attività extra nelle scuole, assunzioni organiche nelle università, borse di studio. Ecco, il Consiglio dei ministri del 12 marzo 2014 presieduto da Matteo Renzi, quello che, dice il titolo, restituisce soldi agli italiani, ha davvero una portata storica. Sulla scuola, senz'altro. Tre miliardi e sette sull'edilizia per diecimila interventi (su quindicimila bisognosi) sono una cifra notevole e toccheranno il 22 per cento dell'intero patrimonio scolastico. "Avremo istituti più belli, luminosi, sicuri", ha detto il ministro Stefania Giannini. Ha dovuto accettare che la cabina di regia delle "scuole da rifare" non fosse in viale Trastevere, ma a Palazzo Chigi: per questo progetto Renzi ci ha messo la faccia e il sottosegretario Graziano Delrio ci ha trascorso le sere per far tornare i conti. Gli interventi saranno semplici ritinteggiature, il miglioramento della tenuta energetica degli edifici, ma anche demolizioni dell'irrecuperabile. E per il rammendo generale si chiede una mano a Renzo Piano. Certo, due miliardi e mezzo di questo denaro mostrato a Palazzo Chigi era già nella disponibilità pubblica (del Miur, dell'Inail, di alcune Regioni, dodici procedure attuative in corso), ma ridurre a un grande fiume le dodici separate fonti di finanziamento nell'Italia della burocrazia paralizzante somiglierebbe a un miracolo. Il premier chiede la cabina di regia pronta dal primo aprile, i primi cantieri a giugno. Si è corso molto, d'altronde. Come ha rivelato due giorni fa il sottosegretario all'Istruzione Roberto Reggi a un incontro del Pd: "Tutti i numeri che fin qui avete letto sono falsi, non li conosce nessuno, ogni ministero ha un dato suo". Due giorni dopo è difficile che ogni sia a posto, ma con il fiatone le coperture si sono trovate. E gli investimenti sull'edilizia scolastica saranno - all'Europa piacendo - fuori dal Patto di stabilità. Poi ci sono i 600 milioni (in credito d'imposta) per i ricercatori. "Ne servono centomila in più da qui al 2018", ha detto Renzi, ma l'idea è del ministro Giannini. "Con i crediti d'imposta a Singapore hanno creato il miglior sistema di ricerca al mondo". Un impegno così sulla scuola e il sapere non si vedeva da trent'anni. |