Lo specchio senza Narciso:
a proposito di autovalutazione
di Franco De Anna, ScuolaOggi 24.3.2014
Il contadino sembra aggrappato alle redini che tira verso di sé con
tutta forza e si sbilancia all’indietro con tutto il corpo per dare
potenza alla presa, mentre il mulo inarca la testa in direzione
contraria, resistendo alla volontà del contadino di trascinarlo in
avanti. Il mulo pianta le zampe e inarca la testa in verso
esattamente contrario all’inarcarsi e piantarsi del contadino.
Nell’iconografia classica: “testardo come un mulo…”. Ma, con le
medesime ragioni ed argomenti “scientifici” si potrebbe dire
“testardo come un contadino…”.
In fondo la “scienza” (ammesso sia possibile usare il termine)
dell’autovalutazione potrebbe essere tutta riassunta qui. La
capacità di decentrare il proprio sguardo, anzi: di “guardare l’uomo
che guarda”. La “bisociazione”. ( Che, tra l’altro, è la chiave
dell’umorismo. Per il concetto di bisociazione si vedano le opere di
Mariannella Sclavi)
Molti anni fa, in una stagione in cui parole come “autonomia” e
“qualità”, riferite alla scuola, alimentavano convegni, seminari,
discussioni, qualche sperimentazione, un piccolo gruppo di scuole
marchigiane si chiese come dare sostanza a tali suggestioni,
sfuggendo al rischio del Narciso e contemporaneamente declinando
quella capacità di “osservare l’osservatore” che solamente la
dimensione collettiva dell’esperienza poteva garantire.
Da lì prese vita una rete AUMI (AUtovalutazione-MIglioramento) via
via cresciuta e che oggi organizza circa una ottantina di scuole
della Regione e che rappresenta la rete di autovalutazione di gran
lunga più estesa tra le diverse presenti sul territorio nazionale,
anche se, per ragioni che non voglio qui approfondire, riceve la
minore attenzione da parte dell’amministrazione scolastica centrale
e dagli strumenti mediatici del mondo della cultura e editoria
scolastica.
La rete AUMI, in questi anni si è sviluppata ed è cresciuta grazie
ad un protocollo di intesa con USR e con la Regione Marche e con il
loro contributo.
Poiché come noto, il Regolamento del Sistema Nazionale di
Valutazione, sia pure in tratti essenziali (e ovviamente
discutibili) colloca l’autovalutazione di scuola come una componente
essenziale del protocollo valutativo, e poiché si sta chiudendo la
fase di sperimentazione (VALES e Valutazione-Miglioramento) posta in
essere dall’INVALSI e, avendovi partecipato direttamente come
valutatore, ho maturato alcune rilevanze in proposito che emergono
dall’esperienza sul campo, vorrei qui riassumere le tappe e i tratti
essenziali di quella esperienza marchigiana, invitando il lettore
interessato ad una analisi più estesa ed approfondita ad esplorare
il sito della rete di atovalutazione
www.aumi.it.
L’impianto
Il primo impegno dei “fondatori” fu quello di definire un quadro di
riferimento (che cosa è una “buona scuola”) capace di interpretare
la doppia esigenza richiamata: uno specchio senza Narciso e superare
il rischio della doppia rappresentazione del mulo e del contadino.
Si è adottato uno schema di riferiemento analitico nel cosiddetto
modello CIPP (Contesto, Input, Processo, Prodotto). Si tratta di uno
“schema concettuale” utile per costruire un “protocollo”; non di un
“modello di autovalutazione” da adottare e applicare.
La fondamentale ricerca comune e l’impegno certo non semplice furono
di definire, per ciascuna delle quattro aree del CIPP i fattori
essenziali e per ciascuno una “batteria” di indicatori capaci di
essere congiuntamente descrittori della realtà e “misura” di essa.
Fu così elaborata una “mappa della qualità” ricercando per tale
lavoro, sia la condivisone collettiva interna alla rete, sia
l’apporto scientifico di esperti esterni capaci di misurarsi con
tale lavoro, di sostenerlo e qualificarlo, ma in una rigorosa
distinzione dei ruoli. La “rete” è patrimonio della “rete”, non
degli esperti. (E forse questa è una delle ragioni del relativo
“silenzio mediatico” accennato).
Il monitoraggio e la raccolta dati
Sulla base di tale mappa, le scuole aderenti, ogni anno, procedono
alla raccolta sistematica di dati e informazioni relative alla loro
realtà (articolate per l’appunto secondo le quattro aree della
mappa: contesto, input, processi, prodotti).
E’ un vincolo e impegno fondamentale: l’autovalutazione procede
sulla base di “dati e informazioni” il cui trattamento consente la
misura e il calcolo di indicatori che costituiscono la base
“oggettiva” (nel senso di significativa, pertinente e comune), del
confronto autovalutativo.
Il monitoraggio, l’impegno che richiede, i compiti che in relazione
ad esso sono distribuiti e condivisi all’interno dell’organizzazione
scolastica, rappresenta un elemento fondamentale per “valutare l’autovaltazione”.
Qui non si tratta di riempire un questionario, o di “crocettare” un
report acquisito dall’esterno. Il monitoraggio mi impegna a rilevare
e misurare la “mia realtà” con un impegno ed una fatica che danno
senso all’impresa valutativa e a ciò che da essa può conseguire.
La rete ed i servizi di trattamento dei
dati
I dati così raccolti nell’attività annuale di monitoraggio sono
inviati dalle scuole al sito della rete (www.aumi.it), e qui sono
oggetto di trattamento complesso e poi”restituiti” attraverso
strumenti che vanno ben oltre la “statistica descrittiva” ma
consentono analisi approfondite e differenziate, multivariabili.
Gli strumenti di restituzione, oltre alla qualità intrinseca di
consultazione (tabelle, grafici, analisi statistica) offrono la
dimensione fondamentale della “comparazione”.
Per ciascun indicatore e/o descrittore viene presentata infatti la
comparazione tra tutte le scuole, sia sincronica che diacronica. Per
ciascuna di esse è possibile rintracciare, e per ciascun indicatore,
il proprio “posizionamento” e la serie storica relativa.
Si costruisce così la possibilità non tanto della “graduatoria” ma
della rielaborazione “fondata e assennata” del possibile e/o
necessario miglioramento (individuazione del benchmark e proprio
posizionamento).
Il sito offre così una strumentazione analitico-statistica, e la
possibilità di determinare le condizioni per la rielaborazione degli
obiettivi e delle scelte proprie di ciascuna scuola, sulla base di
una informazione pertinente ed estesa.
Tra le attività in sviluppo anche quella si intervenire per
qualificare scientificamente strumenti come i “questionari di
gradimento” (molto utilizzati nelle scuole) ma che spesso non
consentono analisi significative: se non si è in grado di
ricostruire “la cultura del prodotto” detenuta dal “consumatore” la
sua minore o maggiore soddisfazione ma dà poche informazioni utili.
(Anzi, a volte la customer satisfaction misurata sulla base di
“asimmetrie informative” tra produttore e consumatore, promuove i
“bidoni”).
I processi di miglioramento
La fase del miglioramento è in integrale padronanza della singola
scuola. E’ preparata dall’impegno nel monitoraggio; supportata dalla
elaborazione raffinata dei dati e delle informazioni provenienti dal
sito della rete; validata dalla comparazione collettiva dei dati e
dalla individuazione di punti di riferimento (benchmark); ma è posta
in totale padronanza e responsabilità dei processi decisionali della
singola scuola.
Nel sito della rete si sono andati cumulando, in questi anni,
diversi progetti di miglioramento, che costituiscono una “banca
dati” di pratiche migliorative disponibili alla consultazione di
tutti i membri della rete, per accostarsi, copiare, modificare,
adattare…(anche per questo si veda
www.aumi.it)
La rendicontazione sociale
Si tratta dell’attività più recente, in ordine di tempo, sviluppata
nella rete, anche se sensibilità al tema erano già presenti ben
prima che esso diventasse oggetto di linee guida, esortazioni,
indicazioni ministeriali.
E’ stato rielaborato un protocollo per la redazione del Bilancio
Sociale, e, anche in tale caso, si è trattato non dell’assunzione di
un modello pre-determinato, ma della elaborazione attraverso un
processo biennale di ricerca/azione compiuto tra un gruppo di scuole
della rete e la Facoltà di Economia dell’Università Politecnica
delle Marche.
Alla fine di tale percorso di ricerca azione comune si è giunti alla
elaborazione di un protocollo che oggi sta sperimentando circa una
trentina di scuole impegnate nella redazione del proprio Bilancio
Sociale secondo quelle linee guida comuni (anche in tale caso si
tratta probabilmente dell’aggregato più significativo sul piano
nazionale). Anche di tale aspetto vi è ricca documentazione sul sito
www.aumi.it
L’esperienza di AUMI e il Sistema Nazionale
di Valutazione: affinità e differenze.
Dei quattro “ingredienti” fondamentali del Regolamento del Sistema
Nazionale di Valutazione (autovalutazione, valutazione esterna,
miglioramento, rendicontazione sociale) tre sono comuni alla
esperienza AUMI: manca ovviamente la valutazione esterna.
Vi sono anche tratti comuni intrinseci, per esempio lo schema CIPP
che è stato seguito anche per VALES e Valutazione e Miglioramento da
parte dell’INVALSI. E, d’altra parte, vi fu, agli inizi della stessa
elaborazione dei modelli INVALSI, occasione esplicita di confronto
tecnico scientifico nel merito di indicatori, descrittori ecc.. tra
AUMI e INVALSI.
Ma la condivisone di elementi comuni qui indicati non configura
“sovrapponibilità”. Anzi, alcune sostanziali differenze possono
essere oggetto di riflessione, e tornare utili proprio nella fase di
verifica della prima sperimentazione estesa sul campo dei protocolli
di traduzione del Regolamento di Valutazione. Una riflessione che
consenta di misurarsi con la problematica valutativa sulla base di
risultanze sperimentali e non di “opinioni e/o pregiudizi”.
Cerco di indicarli sommariamente, anche tenendo conto di risultanze
(queste necessariamente soggettive) che mi provengono dal lavoro di
valutatore effettuato nell’ambito della sperimentazione sul campo.
Gli spunti critici contenuti nelle note seguenti hanno la dimensione
dell’indicazione di “problemi” dei quali essere avvertiti, e non
della sottolineatura di difetti. Problematiche che possono trovare
diverse soluzioni e che interrogano innanzi tutto le scelte di
politica pubblica, e non solo quelle di determinazione dei
protocolli tecnico-scientifici.
Il significato dell’autovalutazione.
L’assunzione, costruzione, partecipazione da parte di una scuola ad
un progetto di autovalutazione configurano in esso un buon
indicatore della sua “propensione al miglioramento”. Ma il valore di
tale indicatore è, appunto, determinato dalla intensità,
condivisione, partecipazione, responsabilità di strutturazione, del
modello di autovalutazione adottato.
Occorre tenere conto dunque di un ventaglio di tipologie: dalla
assunzione di modelli “chiavi in mano”, standardizzati “altrove”;
alla compilazione di report e questionari dove l’impegno si esprime
nel rispondere appropriatamente a domande chiave; alla costruzione
di protocolli assemblati attraverso una comune e faticosa “ricerca
azione” (come AUMI). Si tratta di esperienze non equivalenti e
dunque indicatori della propensione al miglioramente di valore molto
diverso.
Il limite del “modello nazionale” per ora sperimentato è proprio
quello di essere rappresentato da un “protocollo chiavi in mano” e
sostanzialmente nella redazione autonoma di un report valutativo.
La sua potenzialità “predittiva” sulla propensione al miglioramento
di una scuola è assai ridotta e, dato il carattere dello strumento,
anche di particolare permeabilità a derive di opportunismo o di
“narcisismo”.
Si tenga conto inoltre che il rischio connesso ad un “modello
preconfezionato” da assumere e a cui rispondere appropriatamente,
con bassissimi livelli di coinvolgimento organizzative effettivo, è
in opera anche a proposito dell’impegno alla “Rendicontazione
Sociale”, per ora non ancora esplorato.
Naturalmente la dimensione nazionale del Sistema contiene
problematiche che non sono risolvibili con approcci tipo AUMI (la
dimensione di rete autonoma). Ma mi pare vi sia (e vi debba essere)
un impegno per superare tali limiti, pur tenendo conto dei vincoli
del contesto nazionale. Il come e il quanto potrebbero essere
oggetto di un coraggiosa riflessione comune.
La raccolta dati
Il monitoraggio nella esperienza AUMI rappresenta l’impegno
sostanziale che testimonia il valore della scelta autovalutativa.
Non solo per la fatica della raccolta dati periodica, ma anche
perché implica la disponibilità al “guardarsi”, al misurarsi con la
propria realtà e non solo con le sue “rappresentazioni”. (Il mulo e
il contadino… lo specchio e Narciso..)
Nel progetto nazionale si rinvia invece alla “restituzione” di dati
conoscitivi della realtà scolastica effettuata attraverso lo
strumento di “Scuola in Chiaro”.
Lo strumento ha grandi difetti immediatamente misurabili
oggettivamente: informazioni parziali, rielaborazioni sommative e
non analitiche, in taluni casi fonte di opacità invece che di
chiarezza (per tutti valga l’esempio dei dati contabili…Ne ho già
scritto in altro contributo su questo sito).
Ma sopratutto è intrinsecamente deresponsabilizzante: sia perché
esenta la scuola da tale fatica di raccolta appropriata, sia perché,
pur provenendo i dati in definitiva dalla stessa gestione della
scuola, è “il superiore Ministero” che se ne incarica. Una sorta di
“limitazione simbolica” (ma i simboli contano) dell’autonomia.
Rimane il fatto che se si vuole procedere ad una autentica
valutazione (sia auto che etero) quei dati non sono esaurienti e
significativi. Lo stesso regolamento richiama ad “ogni altra
informazione che la scuola renda disponibile…”. Ma mi pare evidente
che il problema non sia (solamente) nella tipologia e quantità dei
dati, ma nella responsabilità messa in campo per la loro stessa
raccolta.
Anche in tale caso la dimensione nazionale costituisce, rispetto
alla esperienza AUMI, una serie di vincoli di cui tenere conto; ma
forse se invece di “produrre in proprio “ la restituzione attraverso
“Scuole in Chiaro” il Ministero avesse concentrato le sue risorse
nel definire un protocollo di informazioni che la singola scuola
“non può non dare” e mettere sul suo sito, sarebbe stato più
significativo (rispetto ai fini valutativi) e sicuramente meno
“costoso” per l’amministrazione centrale.
Il confronto e la comparabilità dei dati
La dimensione di rete locale (per ampia che sia) dà a AUMI la
possibilità di un confronto, comparazione, individuazione di
benchmark, nella condivisione dei dati rielaborati dalla rete, che
supera sia molte pruderie dovute a francamente discutibili
problematiche di riservatezza, sia i rischi delle graduatorie e
delle classifiche. Il confronto, in tale dimensione, si riempie di
significati operativi; coniuga la dimensione dell’analisi statistica
con quella dello “scambio operativo di esperienze”.
Oggettivamente difficile, evidentemente, recuperare tale dimensione
nella “struttura” nazionale, anche se si forniscono i dati
statistici di confronto regionale e nazionale.
Tuttavia il problema resta: è possibile immaginare una struttura
operativa che, garantendo la significatività dei dati di sistema
(necessari al decisore amministrativo e politico), non assuma
necessariamente la configurazione di un “quartier generale”
collegato a stella con una moltitudine di scuole separate tra loro e
confrontabili solo attraverso “parametri statistici”?
Tale architettura si presenta come “disintermediante” e quindi con
l’apparente realismo della comunicazione diretta tra singolo
operatore e il quartier generale. Ma produce anonimato e riduce il
confronto tra realtà organizzative a comparazione di parametri
statistici
Anche in tale caso si tratta di un problema tecnico e politico
insieme; ma implica necessariamente la definizione di modalità
operative dell’INVALSI nel rapporto con le scuole: E dal carattere
di tali modalità dipende molto del successo di un protocollo
valutativo. Come tenere insieme dimensione sistemica (indispensabile
per la valutazione) e specificità operative (indispensabile per il
benchmark e il miglioramento)? Con quali livelli di possibile
“intermediazione”?
Valutazione e miglioramento.
Comprendo che il ribadire il nesso tra valutazione e miglioramento,
indicando in quest’ultimo la vera e autentica ragione dell’impegno
valutativo, abbia un significato politico evidente: si tratta di
smontare in partenza derive che abbiamo conosciuto e sempre in
agguato, che legano la valutazione ad effetti premiali o punitivi.
Dunque avvalorando e alimentando da un lato i fantasmi della
valutazione che sono sempre (e inevitabilmente) in agguato; e
dall’altro, quasi in termini isomorfi, le derive opportuniste per le
quali la valutazione può rappresentare un “prezzo da pagare” per
ottenere vantaggi (l’effetto è quello di mandare fuori bersaglio
qualsiasi protocollo valutativo, anche il più severo).
Ma l’esperienza di AUMI mi ha confermato in un principio che spesso
ho ribadito: non si valuta per migliorare. Si valuta per decidere.
Per migliorare la razionalità decisoria del decisore.
Il miglioramento può essere “una” o “la” decisione che si assume in
base alla valutazione. Ma non vi è automatismo e occorre scongiurare
una sorta di riduzionismo che sembra animare molto del dibattito
attorno a tale questione.
Non c’è automatismo funzionale tra valutazione e miglioramento.
Per almeno due ragioni: la prima, fondamentale, consiste nel fatto
che una organizzazione potrebbe avere proprie priorità interne che
richiedono, per esempio, di rendere essenziale il “mantenimento”
degli standard raggiunti, piuttosto che il miglioramento dei punti
deboli, rinviando quest’ultimo nel tempo..A risorse limitate, la
complessità del processo decisionale non consente “riduzionismi”.
La seconda ragione è che comunque la decisione di miglioramento non
può che coinvolgere (sempre che non sia “cosmesi”) il complesso del
processo decisionale di una organizzazione. Quanto a dire l’elemento
più delicato e meno “deterministico” che mette in campo i
significati scambiati all’interno dell’organizzazione stessa, le sue
rappresentazioni, i giochi di ruolo e gli scambi, i processi di
leadership informali, le “convenienze” dei singoli, la distribuzione
dei compiti e delle convenienze. Quanto a dire in sintesi “la
cultura organizzativa” disponibile a “quella” organizzazione. (non
c’è, per fortuna, una cultura organizzativa omologata).
Ricordo i rischi connessi ad una concezione riduzionista e
determinista del rapporto tra valutazione e miglioramento rispetto a
due questioni ancora aperte nel protocollo del Sistema Nazionale di
Valutazione.
La prima è una sorta di “automatismo” con il quale si può pensare di
trasferire la dimensione dei progetti di miglioramento nella
dimensione di valutazione dei Dirigenti Scolastici. Vale
l’estensione dell’esempio fatto in precedenza: potrebbe essere
miglior dirigente colui che è capace di rinviare l’impegno al
miglioramento di una performance insoddisfacente rispetto alla
priorita del mantenimento dei buoni risultati in altra performance.
Il miglioramento, come l’intendenza, seguirà….
La seconda questione sta proprio nel rimando al rapporto tra
miglioramento e complessità dei processi decisionali che coinvolgono
la cultura organizzativa di una organizzazione come la scuola.
Il Regolamento richiama (giustamente) attività di tutoraggio, di
consulenza, di assistenza ecc… Ebbene deve essere appropriata la
consapevolezza della portata del compito; e anche in tale caso la
domanda circa l’architettura della struttura consulenziale: ti mando
un tutor da Roma o da Firenze? E lo paga l’INDIRE o l’INVALSI… (il
counselling a spese di altri è un inedito di cultura organizzativa.
Richiede di riassestare le categorie e le definizioni. Per un
freudiano ortodosso pagare l’analista è una condizione per il
successo della terapia…)
Mi rendo conto delle differenze: AUMI ha una struttura di tutor di
rete operativi in termini prossimali alle diverse realtà. Ha un
nucleo scientifico (dalla gestione statistica a quella web) che
coinvolge operatori “a portata di mano” (docenti, tecnici). Ha la
consulenza del responsabile della qualità di una industria locale
che della qualità dei suoi prodotti fa la sua carta vincente…
Ha, finchè riesce, costi ridotti facendo leva proprio sui
significati assegnati collettivamente all’impresa autovalutativa, e
da conto di essi nella convenzione con Regione e USR.
Non si può pensare di trasferire esperienze locali sul piano
sistemico, ovviamente.
Ma ci accontenteremmo di sapere che alcuni dei problemi qui
sollevati possano contribuire ad aprire senza pregiudizi una
riflessione critica che sappia mettere in valore l’esperienza di
questi mesi (INVALSI, VALES, Valutazione Miglioramento) e quella
consolidata di molti anni di impegno come AUMI.